Cristiano Gatto Design: “L’importanza di essere prossimo all’armatore nel suo significato più ampio”
Intervista al noto disegnatore di yacht che spiega anche come sta cambiando il modo di vivere la barca da parte dei proprietari
Cristiano Gatto nel 1992, appena uscito dall’Accademia di Belle Arti di Venezia, iniziò a studiare il rapporto tra design industriale e arte contemporanea. Un anno più tardi venne assunto da un noto studio di design italiano che gli affidò l’incarico di project manager. In breve divenne prima capo del dipartimento di interior design e successivamente general manager dell’intero studio.
Alla fine del 2001 i tempi furono maturi per fare un grande passo: aprire un proprio studio indipendente. Nacque così lo studio Cristiano Gatto Design che nel 2006 venne rinominato Cristiano Gatto Design Team.
Anno dopo anno la reputazione e il nome dello studio si sono affermati a livello internazionale conquistando la fiducia di cantieri e clienti. Negli ultimi anni, Cristiano e il team nel suo complesso hanno ‘collezionato’ un portfolio di oltre 260 progetti tra yacht, residenze, hotel e ristoranti di lusso. Lo studio ha firmato progetti sia di yacht di serie che custom per i principali cantieri italiani, olandesi, spagnoli e creato progetti unici per clienti privati in tutto il mondo.
SUPER YACHT 24 lo ha intervistato per saperne di più sul suo pensiero in materia di design nel settore degli yacht e sui trend più significatvi in atto.
La vita del designer è necessariamente quella di un nomade in giro per il mondo?
“Frequento i cantieri con cui lavoro e ho sempre cercato di spostarmi in posti diversi per conoscere persone e culture diverse dalla mia. Provengo dall’Accademia e la parte ‘culturale’ del mio mestiere è quella che mi interessa di più perché mi aiuta a capire come si vive nel mondo. Così ho viaggiato molto e un po’ ovunque per conoscere le tecniche di lavorazione degli artigiani: capisco come realizzano i loro prodotti e sono in grado di disegnare in modo comprensibile quello che vorrei che realizzassero per me. Da 30 anni faccio questo mestiere e ritengo questo forse il suo aspetto più affascinante.”
Dalla nautica al real estate e viceversa: come avvengono queste transizioni professionali?
“Lavorando con i clienti nel residenziale capitava che si parlasse anche di altro e quindi anche dei loro yacht. Ed oggi naturalmente capita che l’armatore soddisfatto del suo yacht ci chieda di disegnare anche la sua nuova casa o i suoi uffici.
Ho iniziato con Pershing, e poi fra gli altri Ferretti, Leopard, Mangusta, Perini, Benetti, CRN, Isa, Canados, Cantieri di Pisa, Gulf Craft, Palmer & Jhonson, fino alle nuove esperienze con Van Der Valk con il quale sto costruendo un nuovo e innovativo 40 metri. Non sono mai stato il progettista di un cantiere. Ma con il cantiere olandese Heesen collaboro dal 2009 e ho oggi quattro barche in costruzione che curo sia nel design degli esterni sia degli interni. Passando da un’esperienza in Turchia sono arrivato fino al deserto degli Emirati Arabi da Gulf Craft, con il quale siamo arrivati a costruire la più grande barca in fibra di serie, sopra le 500 tonnellate di stazza con un ottimo risultato. E’ un cantiere con un enorme potenziale.”
Alla luce di tutta questa esperienza nella nautica cosa ritiene indispensabile per svolgere bene il suo lavoro?
“Indispensabile è riuscire a parlare con l’armatore, ed essergli ‘prossimo’ nel suo significato più ampio. Per questo provo a conoscerne la cultura e il modo di pensare e vivere, provo ad entrare in sintonia con una persona che ha un vissuto diverso dal mio per riuscire a concretizzare quello che desidera davvero. Ascolto ‘senza filtri’ quello che il cliente mi racconta con emozione e lo traduco in disegni tecnici comprensibili ad un artigiano tedesco o olandese o americano o di chissà quale nazionalità.
E’ un percorso di conoscenza: si instaura, nel tempo, quell’armonia che porta al vero punto di incontro e di dialogo.
E’ necessario svuotarsi di tutte le costruzioni mentali e affrontare la persona con spirito di collaborazione, totale disponibilità, onestà e curiosità. Direi che questo modo di essere mi ha aiutato a diventare parte della vita degli armatori e non solo un loro consulente.
Lo stesso principio vale con il falegname o con gli altri artigiani. E questo aiuta a centrarsi.”
Per un creativo c’è il rischio o timore di cadere nella non identificazione della firma e quindi di non essere ‘visibile’?
“Il migliore complimento per me è: ‘Non si vede che sei stato tu a fare il progetto’. Sto notando che nel tempo il mio lavoro è invece indentificato: questo proprio per il fatto che non c’è uno stile unico che collega tutti i nostri progetti.”
Se dovessimo scavare oltre questa capacità di entrare in sintonia comunicativa con il cliente quale ritiene sia una caratteristica distintiva del suo studio?
“Più di una: la nostra ‘dannata’ bravura – perdoni la schiettezza. Quando consegnamo i nostri elaborati gli uffici tecnici li scambiano per progetti esecutivi. Per mia pignoleria pretendo che tutto il ‘linguaggio’ sia sviluppato internamente al mio studio. La qualità del progetto è una delle ambizioni più alte del mio lavoro ed è riconoscibile in tutto ciò che facciamo, dalle immagini, ai disegni tecnici, alle specifiche.
C’è poi la ricerca costante dei materiali e delle tecniche di lavorazione che permette di definire meglio quello che ci chiede il cliente. L’esempio migliore che posso fare è quello della barca “Home” di Heesen Yachts, commissionata da un matematico. In alcune parti della barca c’erano fino a 14 materiali tutti esattamente dello stesso colore (laccatura, legno, pelle, cucitura..): la ricchezza delle lavorazioni impreziosiva l’ambiente senza essere ingombrante. Il concetto che la barca doveva rispettare era svuotare dentro affinché il panorama si potesse ammirare al punto da farlo percepire come parte degli interni. Creare una sofisticatezza che diventa leggibile come ricchezza dell’ambiente è forse è una delle cose che differenziano, caratterizzano e rendono più evidente quello che noi facciamo.
E infine la terza caratteristica del nostro lavoro è il seguire tutto il processo: partiamo dal piano generale ed arriviamo a sei mesi dopo la consegna nave. Layout e arredo di interni ed esterni, ma non solo: seguiamo tutto, dai mobili fino ai piatti, alle lenzuola, agli asciugamani, e al profumo dell’ambiente per dare un’esperienza sensoriale collegata.”
Cosa significa davvero realizzare un’esperienza? E’ un modo di dire che si trova quasi solamente nella nautica..
“Un esempio è il set up che stiamo facendo ora per uno yacht che, dopo aver viaggiato nelle acque americane, torna in Europa: dobbiamo fare in modo che i clienti abbiano la sensazione di essere nella stessa barca ma maggiormente in sintonia con l’ambiente del Mediterraneo, ricreando con colori, materiali e profumi le atmosfere tipiche di questa nostra area. Realizzare un superyacht è un bellissimo viaggio alla ricerca dell’esperienza da parte di tutti, e da parte dell’armatore significa anche riuscire a creare un ambiente che lo rappresenti e dove può essere se stesso con le persone che più contano per lui.”
La formazione all’Accademia delle Belle Arti e l’essere un artista come influenzano il suo lavoro?
“Mi definisco un artigiano dell’arte. Avendo la sensibilità per il ‘fare’ ne ho anche il rispetto. Dall’Accademia ho imparato a dover confrontare le mie idee con la parte più pratica che riguarda la loro costruibilità e la loro resistenza nel tempo. Una formazione fondamentale che mi è stata data dai maestri dell’Accademia e dai vari laboratori artistici veneziani e che non si è mai interrotta per le mie frequentazioni continue con artigiani sempre diversi, dai quali imparo sempre cose nuove .”
Come si declina la sostenibilità nel lavoro del designer?
“L’argomento è ampissimo: dovremmo pensare ad avere maggiore responsabilità per gli ambienti di lavoro, per le tecniche di lavorazione, per la provenienza dei materiali e dell’energia utilizzata.
Quello che io faccio in questo senso è essere consapevole dell’origine dei materiali che utilizzo, in quale ambiente e con quale etica sono prodotti.”
A quali tipi di progetto sta lavorando in questa fase?
“Il modo di vivere la barca sta cambiando e questo ci consente di lavorare a molti nuovi e interessanti progetti. Il cambiamento è sia nel rapporto dell’uomo con la barca, sia nell’utilizzo che intende avere della sua barca. Un esempio sono i beach club, prima chiusi, ed ora sempre più aperti per il contatto con la natura marina attraverso terrazze che si aprono, spazi che dall’interno all’esterno diventano un tuttuno e poppe svuotate.
D’altra parte la tecnica ci aiuta molto. Cambiando la tecnica cambiano anche la necessità e le potenzialità estetiche che l’oggetto può assumere. Bisogna padroneggiare la tecnica perché l’estetica sia diversa.”
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