Cappiello (Cmc Marine): “Il nuovo Dc Hi voltage rende i nostri sistemi compatibili con le barche ibride”
Il sistema è pensato per ridurre i consumi a bordo ed è adatto a yacht ibridi o dotati di battery pack e DC-bus. Tra le novità anche l’Energy recovery system e l’espansione verso grandi cantieri internazionali

Cannes (Francia) – In occasione del Cannes Yachting Festival Pietro Cappiello, vicepresidente di Cmc Marine, racconta a SUPER YACHT 24 come le nuove tecnologie DC Hi Voltage ed Energy recovery system presentate ai recenti saloni autunnali rispondano alla crescente domanda di elettrificazione e sostenibilità a bordo, migliorando allo stesso tempo comfort e prestazioni. L’intervista prosegue poi con la soddisfazione per l’incremento della rete di clienti con alcuni grandi cantieri internazionali.
Quali sono le novità presentate ai recenti saloni?
“Le novità di quest’anno riguardano i consumi e l’alimentazione. La prima è la configurazione DC Hi Voltage che rende i sistemi di stabilizzazione e i thruster Cmc Marine compatibili con alimentazione DC ad alta tensione. Questa soluzione è particolarmente adatta per yacht ibridi o dotati di battery pack e DC-bus, in linea con l’evoluzione della nautica verso l’elettrificazione”.
La seconda?
“Si tratta dell’Energy recovery system: abbiamo introdotto un sistema con un pacco di condensatori per gestire i picchi di energia nelle barche con generatori e batterie più piccole di quanto si faceva una volta. Quando le pinne iniziano a muoversi richiedono molta potenza e quando si supera una certa soglia di energia richiesta la preleviamo dai condensatori invece che dal generatore, riducendo i consumi e migliorando l’efficienza. Durante la frenata delle pinne, l’energia viene invece recuperata e immagazzinata, mantenendo stabile la produzione e consentendo di usare un solo generatore per le pinne e risparmiare fino al 30% di energia in meno”.
State lavorando anche sull’integrazione dei sistemi a bordo?
“Sì, stiamo ultimando prove in mare e test di integrazione con autopiloti Garmin e altri marchi. Inoltre, abbiamo potenziato l’assistenza da remoto, che quest’estate si è rivelata estremamente utile. In alcuni casi siamo riusciti a diagnosticare e risolvere problemi da remoto in poche ore, evitando costosi interventi tecnici a bordo”.
Negli ultimi anni avete conquistato clienti importanti all’estero. Come si è sviluppato questo percorso?
“Abbiamo lavorato con cantieri come Pearl e Ocean Alexander, quest’ultimo acquisito nel 2022, costruendo una relazione di fiducia. Sono progetti importanti, con clienti non italiani: per esempio, Pearl per anni ha voluto solo fornitori inglesi o americani, e Ocean Alexander vende prevalentemente negli Stati Uniti dove gli armatori vogliono il made in Usa. Avere questi clienti è un segnale di grande riconoscimento internazionale, sia per Cmc sia per la nautica italiana, che non è solo quella dello yachting, stile e arredo ma inizia a essere anche quella di componenti tecnici affidabili e di qualità”.
Lavorate anche con altri cantieri?
“Sì, ad esempio con Feadship, che per anni ha utilizzato altri fornitori. Dopo vari contatti, sono voluti venire di persona a conoscere la nostra realtà e a vedere come lavoriamo. Hanno visitato l’azienda, incontrato i nostri ingegneri e si sono mostrati molto interessati al nostro approccio tecnico. Ora stanno installando le nostre pinne su un 35 metri. È un progetto importante anche perché Feadship ha voluto approfondire nel dettaglio i nostri metodi di misura, i test e le modalità di valutazione delle prestazioni”.
Quali differenze operative rileva tra i clienti italiani e stranieri?
“Con i cantieri italiani lavoriamo da anni e ci conosciamo molto bene: sanno già cosa chiedere e come vengono installati e avviati i nostri impianti. All’estero, invece, spesso collaboriamo con cantieri che lavorano con noi per la prima volta, quindi è necessario fornire molte più informazioni e seguire più da vicino le fasi di installazione e adattarci alle loro esigenze”.
In Italia c’è una maggiore propensione alla personalizzazione?
“Se un cliente chiede una modifica, noi la valutiamo e la realizziamo. All’estero, invece, i processi sono più standardizzati. Quando un cliente ci segnala una necessità particolare — ad esempio una diversa conformazione dello scafo o una richiesta specifica sull’efficienza idrodinamica — noi interveniamo sul disegno delle pale. Ogni modello viene adattato e ingegnerizzato per quella barca in particolare, anche solo per pochi centimetri di differenza nel taglio o nella curvatura”.
Quindi la customizzazione è parte della vostra identità.
“Sì, non ci limitiamo a offrire un prodotto standard, ma realizziamo la soluzione più adatta al singolo progetto. Anche i grandi cantieri italiani con cui collaboriamo, come Sanlorenzo, Azimut e Benetti, apprezzano questa filosofia. Con loro esiste un rapporto di fiducia consolidato: sanno già cosa vogliono e come lavoriamo, ma c’è sempre un margine di dialogo tecnico per migliorare ogni dettaglio. A volte ci chiedono soluzioni specifiche per un nuovo modello o un’imbarcazione unica, e insieme studiamo la configurazione più adatta. Ogni progetto, anche con clienti che ci conoscono da anni, è per noi come se fosse il primo: richiede la stessa attenzione, la stessa cura e la stessa voglia di innovare”.
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