Ferretti Infynito 80: la tecnologia che riduce l’impatto
Materiali green ed efficienza energetica. Alla scoperta della nuova tecnologia Fsea sviluppata dal cantiere per aumentare la sostenibilità della nuova gamma di yacht

Con una lunghezza fuori tutto di 23,70 metri e un baglio massimo di 6,32, Infynito 80 è il secondo modello della nuova gamma di Ferretti Yachts sviluppato con la tecnologia Fsea (Ferretti sustainable enhanced architecture), un pacchetto di soluzioni sviluppato da Ferretti Group mirate alla riduzione dell’impatto ambientale. Tra di esse, uno scafo fast displacement che migliora l’efficienza dei consumi di carburante mantenendo eccellenti prestazioni; impiego di materiali green (tessuti naturali, pelli rigenerate e materiali riciclabili, vernici ecologiche a base d’acqua e un teak lamellare con certificazione Fsc5); un sistema integrato (nella versione opzionale) che combina l’energia solare accumulata dai pannelli fotovoltaici e un energy bank che permette rimanere fino a otto ore in rada in modalità “hotel mode”. La gamma Infynito, composta oggi dai modelli 80 e 90 e che prevede altri modelli in futuro, è stata sviluppata attorno alla sostenibilità fin dal principio e ha comportato un lungo lavoro di ricerca. SUPER YACHT 24 ha incontrato il Dipartimento engineering di Ferretti Group, per un approfondimento sulle innovazioni presenti a bordo di Infynito 80.
Delle quattro soluzioni che compongono la tecnologia Fsea i materiali esulano dal tema energetico.
“Sì, i materiali sono fondamentali perché hanno un impatto diretto sulla sostenibilità. L’80 ha un ponte ricoperto con un teak dalla struttura di tipo lamellare che abbatte la quantità di scarti. Abbiamo testato sistematicamente sette tipologie di rivestimenti, completando oltre 200 prove di performance, durabilità, grip, grip in condizioni bagnate, resistenza agli agenti atmosferici, trasmissione del calore sulla pelle e molto altro. L’obiettivo era capire pro e contro rispetto al teak standard, che rimane un ottimo materiale. In ottica green abbiamo voluto cercare soluzioni alternative che si avvicinassero al teak classico in termini di proprietà ed estetica del materiale e questo lamellare è un ottimo candidato”.
Come incide lo scafo sui consumi?
“Lo scafo ha un impatto diretto sui consumi e la sua efficienza condiziona la quantità di combustibile utilizzato per vincere la resistenza all’avanzamento. Al riguardo, il nostro punto di forza è svolgere internamente le analisi fluidodinamiche sulla carena per arrivare a quello che riteniamo essere il miglior compromesso”.
Cosa vi distingue in questo processo?
“Non rivolgerci ad entità esterne ci permette di essere rapidi nel leggere e modificare lo scafo in funzione delle evoluzioni del progetto e dei risultati delle prime analisi. Tutto inizia con la consegna all’architetto navale di una carena preliminare su cui abbiamo già lavorato in termini di efficienza. Riusciamo quindi a seguire le evoluzioni delle geometrie fino al momento di congelarle per lanciare la fase di fresatura dello stampo. Possiamo quindi sfruttare tutto il tempo a disposizione fino all’ultimo giorno e questo è più facile operando dall’interno”.
Qual è il contributo dei pannelli solari?
“Se andiamo quantificare si parla di 2-3 kilowatt di picco, ma il loro utilizzo è studiato fin dall’inizio del progetto, sono integrati nella costruzione e si armonizzano con il design della barca. I pannelli fanno parte di un aspetto energetico generale, il cliente può scegliere un pacchetto optional di batterie al litio e avere a disposizione circa 100 kW. Per uno yacht di questa taglia significa poter trascorrere tutta la notte, quando il consumo di energia è minimo, senza accendere i generatori, e quindi senza rumori, vibrazioni o emissioni, per quanto piccole siano”.
Chi è il fornitore?
“Lavoriamo con Solbian, ci troviamo bene grazie alla loro flessibilità che ci permette applicazioni personalizzate per il nostro utilizzo. Con loro sviluppiamo anche la parte ingegneristica: i pannelli solari hanno dei cavi e valutiamo ogni singolo attraversamento delle superfici su cui sono montati, così come il percorso dei cavi. Tutto è studiato fin dalle prime fasi di progetto senza rimandare nulla alla fase d’installazione”.
Esiste un tema di sicurezza legato alle batterie?
“Sì, l’innesco di un thermal runaway della batteria è il fattore di rischio da monitorare per questo tipo di tecnologia, è un processo che sviluppa altissime temperature in poco tempo pertanto serve prevenirlo e, nel caso remoto che si inneschi, neutralizzarlo. Per aumentare i livelli di sicurezza abbiamo inglobato le batterie in casse strutturali di acciaio da 3 mm ventilate e allagabili. Al momento utilizziamo l’acciaio perché offre una maggiore resistenza al calore, il prossimo passo sarà utilizzare pannelli in composito estremamente avanzati di derivazione aeronautica”.
Quali sono i segnali dell’innesco di un evento del genere?
“Temperature elevate o emissioni di gas sono i due segnali da monitore attraverso appositi sensori. Ma ripeto, la tecnologia ci viene in aiuto grazie al Battery management system (Bms) di cui è dotato ogni pacco batterie e che è in grado di monitorare e nel caso staccare le batterie e intervenire in caso di temperature elevate o parametri al di fuori degli standard”.
Cosa o quale evento può causare un thermal runaway?
“Il thermal runaway si verifica in pochissimi casi di malfunzionamento delle batterie al litio, solitamente connessi all’utilizzo improprio delle batterie, o alla difettosità di una cella. Tuttavia i nostri pacchi batterie sono dotati dei sistemi di gestione e monitoraggio Bms che riducono di molto il rischio. E nel caso remoto si verifichi, appunto è stato studiato un sistema di allagamento delle casse contenitive. L’unico modo di fermare il thermal runaway è allagare in acqua le batterie.
Come funziona il processo di allagamento?
“Si attiva una pompa che inizia a portare acqua salata all’interno delle casse che sono dotate di tubolature che scaricano all’esterno. L’allagamento è un’operazione estrema, una cosiddetta “ultima spiaggia” per evitare situazioni più catastrofiche. Bisogna informare il cliente che non è un’operazione che va fatta a cuor leggero, si fa quando si è certi che, a causa delle temperature elevate e dei gas emessi il Bms non è riuscito a gestire il malfunzionamento”.
L’attivazione dell’allagamento è un’operazione manuale o automatica?
“Abbiamo previsto entrambe le opzioni, sia automatica che manuale. Il rischio dell’opzione automatica è l’attivazione senza che ci sia un vero e proprio difetto o a causa di un falso allarme. L’opzione manuale è utile quando la barca è presidiata o quando non lo è ma le batterie sono abbastanza scariche da non rappresentare un pericolo, e qui entrano in gioco preparazione e formazione degli equipaggi. Questo apre ad ulteriori sviluppi grazie ai sistemi di controllo remoto tramite i quali è possibile gestire da lontano il sistema e capire se c’è un falso allarme o serve invece attivare il sistema di allagamento”.
Quali sono le modalità di ricarica delle batterie?
“Possono essere ricaricate dai generatori dalla presa di banchina e, come per le auto, dall’alternatore dei motori durante un regime di crociera economica. Quando le eliche non chiedono troppo ai motori è possibile “caricarli” di 5 kW ciascuno migliorandone così anche l’efficienza. I due motori sviluppano quindi 10 kW di energia che finiscono nelle batterie aumentando la capacità di fornitura: per un utilizzo classico che si fa in navigazione possono dare circa 20 kWh, si riesce quindi a gestire diverse utenze e al tempo stesso ricaricarle, navigare e trascorrere una notte senza usare i generatori. Questo vale in situazioni senza picchi di carico.
Comandanti ed equipaggi sono pronti a gestire i rischi di queste tecnologie?
“È un punto fondamentale e come produttori cerchiamo di rendere il sistema il più facile possibile da utilizzare. Sarebbe un errore studiare e fornire un sistema così ben fatto ma cadere nella complessità di utilizzo. Un altro aspetto a cui teniamo è la sicurezza, non vogliamo fornire un sistema e nascondere gli eventuali rischi, cerchiamo il confronto con i clienti, gli utilizzatori e la parte tecnica. Il confronto è diretto e serve non solo a capire i rischi ma anche i mezzi e le soluzioni per contrastare i pericoli che possono verificarsi. Ferretti organizza incontri annuali in cui raduna oltre 100 comandanti sia di imbarcazioni sotto ai 24 metri sia di navi da diporto. Infine, alla consegna dello yacht dedichiamo diversi giorni per la formazione dell’equipaggio”.
La formazione è gestita direttamente da voi?
“Sì, lo facciamo con iniziative dedicate. Questi sono i primi sistemi che escono sul mercato e la formazione dobbiamo seguirla noi, non ci sono ancora normative o corsi di formazione disponibili. Lo stesso sistema di allagamento delle batterie al litio è stato studiato da Engineering Ferretti Group in accordo con Rina ed è l’unico certificato CE ad oggi”.
Come è stata la collaborazione con Rina?
“Lo scambio è utile perché c’è un attore esterno fa delle richieste. E questo serve a sviluppare riflessioni, a fare più analisi, a mettere per iscritto procedure, parametri di progetto o a formalizzare, per esempio, i rischi. Un conto è fare delle considerazioni in una riunione, un altro è produrre un documento di “risk assesment” in cui si assegnano dei numeri, probabilità che si manifesti o meno un certo pericolo e la gravità di quel pericolo”.
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER GRATUITA DI SUPER YACHT 24
SUPER YACHT 24 È ANCHE SU WHATSAPP: BASTA CLICCARE QUI PER ISCRIVERSI AL CANALE ED ESSERE SEMPRE AGGIORNATI




