Sailing Superyacht Forum: Italia dominatrice di mercato ma senza spazi e formazione primato a rischio
A Genova la prima edizione dell’evento firmato Super Yacht 24. Istituzioni e operatori a confronto: record di ordini, ma serve un cambio di passo su infrastrutture e “incoming” dei buyer

Genova – Si è tenuta oggi ai Magazzini del Cotone la prima edizione del Sailing Super Yacht Forum, l’evento ideato e organizzato da SUPER YACHT 24 per accendere i riflettori sulla vela di grandi dimensioni, un segmento d’eccellenza nel panorama nautico globale. Davanti a una platea di 200 addetti ai lavori, il direttore responsabile Nicola Capuzzo ha aperto i lavori guidando un dibattito che ha svelato le due facce del settore: da un lato una leadership culturale e produttiva indiscussa dell’Italia, dall’altro l’urgenza di affrontare sfide strutturali non più rimandabili. Dal confronto tra operatori e istituzioni il quadro che è emerso è quello di un’industria solida e innovativa, che però si trova a un bivio.
Ad aprire il panel è stato Piero Formenti, presidente di Confindustria Nautica, che ha espresso un concetto centrale: l’alto di gamma non è più una nicchia, ma un asset strategico per il Paese, che detiene il 50% del global order book; il modello di sostegno pubblico deve quindi evolvere. Secondo Formenti, l’era delle sole partecipazioni alle fiere estere è ormai tramontata ed è tempo di puntare sull’incoming, portando i buyer direttamente in Italia. Gli strumenti ci sono: piattaforme globali come il Salone Nautico di Genova (che nel 2026 si sposterà a ottobre per allinearsi ai cicli produttivi) e partnership strategiche come quella siglata con l’America’s Cup, capace di creare un ponte diretto tra la nostra filiera e la competizione velica più prestigiosa al mondo, in grado di garantirci una visibilità senza precedenti. Sul fronte normativo, il presidente ha ricordato l’impegno sul Ddl “Valorizzazione Risorsa Mare” per sburocratizzare il settore e il dialogo aperto con Dogane e Agenzia delle Entrate per rendere la Bandiera italiana più competitiva.
Il successo del settore porta però con sé la criticità della saturazione produttiva. Il tema è stato affrontato da Bruno Guglielmini, amministratore delegato di Amico & Co, che ha descritto il comparto Refit & Repair usando l’immagine del “bicchiere mezzo pieno”. Se da una parte si raccolgono i frutti di trent’anni di investimenti che hanno creato a Genova un polo d’eccellenza (80 imprese con 3.150 addetti tra diretti e indiretti), dall’altra le aziende sono costrette a rifiutare commesse per mancanza di spazi. Una carenza infrastrutturale che rischia di regalare quote di mercato a competitor come Francia, Spagna e Germania, paesi con meno know-how ma più spazi a disposizione. Un danno economico rilevante, considerando che l’indotto sul territorio vale cinque volte il fatturato della commessa.
Il nodo cruciale, per il porto di Genova, resta il Piano Regolatore Portuale. Con cinque bacini pubblici e uno privato, lo scalo fatica a servire i moderni mega yacht. Matteo Paroli, presidente dell’Adsp del Mar Ligure Occidentale, ammettendo la congestione degli spazi, ha confermato la volontà dell’Autorità di razionalizzare le aree esistenti in attesa dei futuri ampliamenti, indicando nella nuova diga antemurale e nel recupero di banchine a Molo Giano le soluzioni in prospettiva. Il presidente ha anche aggiunto la promessa alle imprese di tempi certi nelle risposte dell’autorità per non bloccare gli investimenti.
Parallelamente alle banchine, l’altra criticità che si registra nel settore è la mancanza di capitale umano. Il presidente della Regione Liguria, Marco Bucci, ha ribadito come la nautica sia ormai uno dei motori trainanti della Blue Economy, spesso inoltre anticipatrice di tecnologie innovative per l’intero shipping. Per sostenere questa crescita, Bucci ha annunciato l’istituzione della “Scuola delle professioni del mare”: un progetto genovese per preservare il “saper fare” artigiano, stimolare l’innovazione e colmare il ‘mismatch’ tra domanda e offerta di lavoro. Sulla stessa linea la sindaca Silvia Salis, che ha sottolineato la necessità di ridare dignità ai mestieri manuali, attraendo manodopera anche da fuori città e regione attraverso percorsi di riqualificazione.
In chiusura, l’analisi tecnica di Stefano Pagani Isnardi dell’Ufficio Studi di Confindustria Nautica ha tracciato un quadro in chiaroscuro. Nonostante la crescita del new build, la vela vede restringersi la sua quota di mercato (dal 9% al 6%), polarizzandosi verso l’altissimo di gamma e tagliando fuori la classe media a causa dell’inflazione. Ma la vera sfida – ha detto Pagani Isnardi – è generazionale: con l’età media degli acquirenti in aumento e i giovani orientati al charter, il settore deve investire nell’educazione al mare per garantirsi un futuro, e ha inoltre ricordato in conclusione che ogni euro investito nella nautica ne genera ben 7,5 nell’intera filiera a beneficio della comunità.
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