Ida e Carmine De Felice: “Raccomandatario marittimo garanzia di equilibrio e professionalità”
Figura cardine tra armatori ed equipaggio, unisce competenze legali, amministrative e gestionali. Una professione che facilita il dialogo e riduce il rischio di incomprensioni
Fondata nel 1958 a Viareggio, l’Agenzia Marittima De Felice è una delle realtà storiche dello yachting, punto di riferimento per la gestione di unità da diporto. Oggi guidata da Carmine e Ida De Felice, figli del fondatore, l’agenzia affianca armatori, comandanti e cantieri nella complessa rete di adempimenti che regolano il settore. In questa intervista a SUPER YACHT 24, i due fratelli, con Azzurra De Felice ed Alex Ferrari, prossimi alla guida dell’azienda raccontano l’evoluzione della figura del raccomandatario marittimo, le sfide della burocrazia e la necessità di valorizzare una professione chiave per la nautica italiana.
Come nasce la figura del raccomandatario marittimo e come si è evoluta nel tempo?
“Il raccomandatario marittimo nasce nel 1977 nel mondo mercantile per la gestione dei noli, delle navi e dell’equipaggio. È una figura creata specificamente per il settore mercantile. In seguito, quando la nautica da diporto ha cominciato a crescere e strutturarsi, questa figura è diventata essenziale anche nello yachting.
Quali sono i requisiti per l’esercizio della professione?
“Per diventare raccomandatario marittimo bisogna seguire un percorso preciso: almeno due anni di tirocinio presso un altro raccomandatario marittimo, conoscenze di diritto marittimo, civile e pubblico, nozioni di contrattualistica, sicurezza della navigazione e assicurazioni, oltre a una buona conoscenza dell’inglese per sostenere l’esame finale. È una formazione completa e impegnativa per una professione talvolta esercitata da persone non titolate e non qualificate, ma soprattutto senza le responsabilità previste dalla legge. L’armatore può dare una procura a una persona di fiducia, anche se non è raccomandatario ma quando un soggetto gestisce più procure per armatori diversi, di fatto esercita abusivamente la professione. Il problema è che non ha le stesse responsabilità”.
Avete dovuto gestire casi complessi tra armatori e personale d’equipaggio?
“Situazioni complesse sono accadute e accadono. Per gestirle occorre una profonda conoscenza della normativa. Noi siamo supportati da avvocati giuslavoristi da oltre trent’anni e sappiamo come intervenire. È una garanzia per l’armatore e per l’equipaggio”.
Quali sono gli elementi che garantiscono equilibrio e sicurezza nella vita di bordo?
“A bordo la chiarezza e il rispetto dei ruoli è fondamentale: solo così si lavora bene e in sicurezza. L’esperienza e la professionalità non si improvvisano. La maggior parte dei professionisti italiani è di alto livello e sa rapportarsi in maniera adeguata con l’armatore. Non bisogna, comunque, dimenticare mai etica, professionalità e sicurezza”.
Collaborate con studi legali specializzati?
“Sì, sin dal 1995. Prima con uno studio di Lucca scelto da nostro padre, poi con l’avvocato Michael Tirrito, che si è avvicinato al mondo della nautica proprio lavorando con noi. Oggi la collaborazione è stretta e continuativa”.
C’è confusione tra agenzie marittime e agenzie nautiche?
“Solo chi ha un raccomandatario marittimo come titolare o rappresentante legale può definirsi agenzia marittima. Le agenzie nautiche gestiscono pratiche, ma non hanno le stesse competenze né responsabilità. È un errore affidare alla burocrazia diportistica compiti che spettano ai professionisti del mare. La nautica è un settore ad alta professionalità: gestiamo navi con dieci o dodici membri di equipaggio, vere e proprie aziende. Il management di uno yacht non si limita alla gestione delle paghe, ma comprende l’individuazione di figure professionali adeguate e loro selezione, il supporto e la consulenza per l’agevole svolgimento della crociera, la gestione delle controversie con l’equipaggio, mettendo a disposizione capacità di problem solving da noi maturata in quasi 70 anni di attività”.
In che modo la normativa può evolversi per migliorare il sistema?
“La legge 135/1977 che regola la professione è nata per il settore mercantile, la normativa di base funziona, non servono stravolgimenti, andrebbe solo adeguata maggiormente alle necessità dello yachting inserendo attività specifiche che sono importanti per la nautica che nel 1977 o negli anni successivi non erano contemplate. Al riguardo vediamo di buon occhio il protocollo di collaborazione tra Federagenti e Confindustria Nautica: se nei tavoli tecnici siede chi conosce la pratica quotidiana, è più facile trovare soluzioni concrete e sostenibili”.
Quali sono le maggiori criticità quando operate nei porti italiani?
“La mancanza di uniformità tra i vari porti: molta della normativa è legata anche a ordinanze locali, quindi abbiamo a volte comportamenti estremamente diversi anche tra porti limitrofi. Questo crea confusione anche per armatori e comandanti, che da porto a porto trovano procedure diverse”.
Un esempio?
“In un recente incontro con Federagenti abbiamo rilevato grandi discrepanze di comportamenti sulla gestione dei timbri di ingresso e uscita dei marittimi extracomunitari. In alcuni porti vengono applicate delle procedure, in altri porti vengono applicate procedure diverse, in altri porti addirittura non vengono applicate le procedure e i marittimi si trovano in difficoltà”.
Anche il rinnovo dei certificati di sicurezza è un punto critico?
“Sì, il certificato scade ogni cinque anni e la procedura di rinnovo prevede l’intervento di un organismo certificato con due o più ispezioni a terra e in mare ed eventuali verifiche ulteriori. A questo punto lo Sted (Sportello telematico del diportista) inserisce la pratica e l’Ucon (Ufficio di conservatoria centrale, n.d.r.) può impiegare fino a 60 giorni per una risposta. Se in inverno è tollerabile, quando si avvicina la primavera e l’estate non lo è più perché lo yacht non può navigare, anche se ha già superato le verifiche. I registri stranieri, per situazioni analoghe, rilasciano documenti provvisori che permettono comunque la navigazione. Questo porta alcuni armatori a scegliere bandiere estere. È un peccato, perché abbiamo una cantieristica e una professionalità che sono le migliori al mondo”.
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