Livio Cossutti: “In mare al comando sono io”
Intervista all’armatore di un Sanlorenzo SX 88 che conosce ogni centimetro del suo yacht, ama soprattutto la Grecia e ha qualche suggerimento sia per i marina italiani che per la formazione degli equipaggi

L’intervista che segue è la prima di una serie condotte in collaborazione con AssoYacht, associazione che rappresenta gli interessi dei proprietari o armatori di unità da diporto. Livio Cossutti (AssoYacht International), Giovanna Vitelli, Lorenza Guerra Seràgnoli, Simonetta Vecoli, Elio Serra, Gabriella Pantani, Andrea Ruscica, Italo Fontana, Dario Castiglia e Fulvia Codecasa sono tra gli armatori associati ad AssoYacht che hanno deciso di raccontare (e condividere) le loro storie di vita e la loro passione per il mare insieme a SUPER YACHT 24 e all’interno del primo numero dell’AssoYachtMAG.
Livio Cossuti, imprenditore svizzero che ha fatto una fortuna (anche) nella progettazione e produzione di cerniere lampo, è l’armatore di un Sanlorenzo SX88 che in questa intervista a SUPER YACHT 24 racconta la sua vita sul mare, dagli esordi sul Lago Maggiore ai viaggi verso la Grecia, passando per l’amato yacht Ferretti 830. Spiega perché ha deciso di comandare da solo la sua barca, critica alcuni equipaggi, invoca formazione e loda in particolare i marina greci dai quali alcuni porti turistici italiani dovrebbero prendere ispirazione.
Partiamo dal raccontare le sue origini soprattutto dal punto di vista nautico?
“Nasco a Milano nel 1959 e comincio ad andare in barca con i miei genitori sul lago Maggiore su un Posillipo, un barchino di 5 metri che imitava i Riva; mia madre faceva sci d’acqua.
I miei genitori un’estate si spinsero con un Coronet 24 in fiberglass con motore Volvo Penta fino in Jugoslavia lasciandomi da un amico e mia sorella da un’amica senza telefonini, senza radio, senza nulla e partirono. Mi raccontò mio padre che loro continuavano ad andare giù in Jugoslavia finché finivano le carte nautiche che si erano comprati alla libreria del mare di Milano. Mia madre in abiti succinti andava in capitaneria di porto (immaginarsi in Jugoslavia 50 anni fa) a cercare di farsi dare le carte. Ancora oggi ho una collezione di carte nautiche in Jugoslavo che custodisco gelosamente.”
In famiglia non si poteva non amare il mare?
“La nostra esperienza nautica nasce lì, perché l’anno seguente cambiarono la barca e presero un 27 piedi che sembrava l’ammiraglia e portarono a bordo anche me e mia sorella. Prima il Coronet 24, poi il 32, ecc. Fino a quando un bel giorno, quando avevo 18 o 20 anni, io e mia sorella ci impuntammo dicendo che volevamo navigare e volevamo farlo a vela.”
Quindi cosa successe?
“Partimmo per il salone nautico di Genova e, nonostante la contrarietà di mia madre, tornammo con la barca a vela. Mi misi a studiare perché a quel punto avevo lanciato il sasso e non potevo ritirare la mano. Libroni «Les Glénans», libroni sulla storia della vela, di come si regolano le vere, libricini scritti dai più grandi dove insegnavano terminologie che inculcai nella testa anche della mia povera madre. Partimmo digiuni di preparazione e in sette anni facemmo 10.000 miglia con la barca a vela e solo d’estate, visitando tutto quello che si poteva visitare. In seguito, i miei genitori decisero che era scomoda per loro, preferirono tornare su una barca a motore piccola da usare come barca appoggia alla loro casa di Beaulieu-sur-Mer, quindi per andare a fare l’uscitella.”
Poi come evolse la sua carriera nautica?
“Io e mia sorella ci siamo entrambe sposati in quegli anni per cui a quel punto mi sono trovato a fare una decina d’anni a Forte dei Marmi perché mia moglie in barca non ci voleva andare con i bambini piccoli. Poi timidamente ripresi facendo un paio di charter dove tutti si sono divertiti un mondo; l’ultimo charter fu nel Mare Egeo.”
Un’esperienza che conquistò la famiglia?
“Si innamorarono del Mare Egeo e nel 2008 comprammo un Ferretti 830 rinominato Titidea grazie al supporto di Carmine De Felice. Lo tenemmo un po’ in Sardegna per mandarlo poi d’estate ad Atene dove noi lo raggiungevamo. Era un 83 piedi, quindi già una barca seria, due motori Caterpillar da 1825 cavalli, faceva 32 nodi, era favolosa. L’abbiamo tenuto dieci anni e io ne ero innamorato follemente, una delle più belle barche esistenti a quell’epoca. In Grecia ci siamo divertiti come i pazzi.”
Come arriva al suo yacht attuale, il Sanlorenzo Dea?
“Mia figlia si sposò, rimase incinta, mio figlio con la sua famiglia idem; quindi, le cose cominciarono a dipanarsi in un modo diverso. Eravamo stati invitati da un ex dealer Ferretti, nel frattempo passato a Spezia alla Sanlorenzo, a un evento tipo gli Elite Days dove avvenne una delle prime grandi presentazione di Perotti. Quel giorno in fondo alla banchina c’era un SX88 che era proprio un prototipo. Noi in realtà eravamo andati a vedere una navetta o altre cose che però non ci piacevano, e Federica Ambrosio, architetto di Sanlorenzo ci disse: ‘Voi siete giovani, amate la barca sportiva, venga a vedere l’ultima nata: SX88’. Non l’avevo mai sentita ma quando, arrivando, vidi quella beach area meravigliosa dove immaginavo i miei nipoti e tutta la nostra bella compagnia, dissi a mia moglie che dovevamo uscire a provarla.”
Quale reazione ci fu?
“Mia moglie, un po’ timorosa di vedere questa barca molto più grande ma soprattutto molto più larga del Ferretti, alzò il telefono per chiamare mia figlia (che è l’armatrice di casa) e lei aveva in mano una rivista dov’era pubblicizzata proprio quella barca: SX88 di Sanlorenzo. ‘Ce l’ho davanti agli occhi, è meravigliosa, digli di comprarla subito’ rispose mia figlia. Una settimana dopo abbiamo fatto la prova in mare e l’abbiamo comprata; era il 2018.”
Così dovette restituire il Ferretti…?
“Quando io, mia moglie e altre due persone tornammo da Atene per riportarla in Italia ci dissero di andare al porto di Rapallo, poi all’ultimo momento ci fu un cambio di programma e la portammo a Chiavari come richiesto. Dopo due settimane, avvenne il disastro della mareggiata che distrusse il porto di Rapallo… Fu un colpo di fortuna incredibile! Svuotammo la barca e la consegnammo a Sanlorenzo; era talmente perfetta e manutenuta che tre comandanti mandati dal cantiere per verificare le sue condizioni fecero i 32 nodi di velocità, ispezionarono tutto, cercarono nella sala macchine anche solo una goccina di olio, di sale, ecc. ma non riuscirono a scrivere niente sulla consegna del Titidea per cui dovettero pagare il prezzo intero dell’usato che io avevo stabilito.”
Tutto perfetto con il passaggio al nuovo Sanlorenzo?
“Marco Viti fu un signore e, quando gli feci presente ciò che andava migliorato (ricordo che la nostra era la prima barca di una nuova serie), arrivò a Olbia con il dealer e il responsabile del service e fece di tutto per garantirmi che a fine stagione ogni cosa sarebbe stata sistemata. Oggi siamo molto contenti di questo SX88.”
Un armatore competente e attento come lei come vive la barca e come compone il proprio equipaggio?
“L’esperienza vissuta in mare è quella che ti costruisce e ti mette nelle condizioni di governare quasi tutte le situazioni. La conoscenza della barca per me è una cosa fondamentale, per cui la prima cosa che faccio è prenderne veramente possesso già nel corso della costruzione. Ritengo che una buona estate quasi senza rischi per gli ospiti richieda durante tutti gli inverni di smontare la barca e di fare tutte le manutenzioni possibili e immaginabili, anche quelle non prescritte. Le mie competenze si sono accresciute nel tempo partendo da quando, da ragazzino, smontavo tutto quello che si poteva smontare sui motorini, poi sulle automobili, poi sulle macchine d’epoca, poi sui Riva d’epoca e siamo arrivati fino a qui. Io so smontare tutto, ho i pezzi di ricambio per cambiare tutto e lo faccio in prima persona. Poi è chiaro che se c’è un bravo marinaio che anche lui sa tenere in mano il cacciavite e mi può dare una mano a cambiare l’olio, un filtro o altro è tutto di guadagnato. Il mare è una cosa seria e se si rimane in mezzo è un grosso problema. Per questo io mi fido e la mia famiglia si fida di me.”
Dalla risposta alla domanda sull’equipaggio si desume che il comandante di questa barca sia lei, è corretto?
“Le dirò di più. Il comandante sono io perché abbiamo avuto pessime esperienze con i comandanti. Possiamo dire tranquillamente che ho avuto comandanti che hanno rubato 30 mila euro. Ancora adesso quando devo fare il gasolio in costume da bagno e magliettina rosa (quindi chiaramente non sono vestito come un comandante) mi chiedono: ‘Per lei comandante quanti centesimi lascio?’. Quindi funziona così. Ho avuto gente che faceva il pieno della sua macchina con la nostra carta di credito ma non solo: addirittura facevano più litri di quelli che ci stavano nel serbatoio e mi portavano il bigliettino a mano. Uno mi ha demolito un motore (un Caterpillar) a Corfù, non so facendo che cosa. Una volta siamo arrivati a sorpresa io e mia figlia a Corfu e una bellissima sudafricana (amante del comandante) era in cabina vip di prua, nella cabina di mia figlia, a darsi lo smalto sulle unghie con le candele accese a 20 centimetri dall’Alcantara. Quindi l’equipaggio da scegliere è in assoluto la cosa secondo me più difficile da fare in barca. Fai colloqui ma spesso ti raccontano storie, ovviamente non ti raccontano se rubano e si drogano, ma poi trovi le prove e quindi alla fine dell’anno mi trovo a dover cambiare 9-10 persone per averne 3 valide.
Questo significa assumere 10 persone, testarle, averle a bordo, spiegarle tutto, vedere che non vanno bene o a loro non andiamo bene e quindi decidono di andarsene; quindi fare le lettere poi di licenziamento, i bonifici, ecc. Un tempo inenarrabile.”
Tema marina e destinazioni: la sua crociera ideale?
“Partiamo dal presupposto che a me piace molto navigare, a me piace fare miglia. A Sanremo (Portosole) nei gabinetti c’è una bellissima scritta: ‘Navigate, non raccontate cazzate sui pontili’.
Tutti gli anni noi facciamo circa 2.500 miglia, siamo privati e facciamo solo le vacanze, non è che facciamo charter in giro per l’Europa. Tante miglia significano tante marine, tanti porti, tanti contatti. Per me il viaggio normalmente inizia con un po’ di giorni in Sardegna per acclimatare la famiglia; da lì in poi viene intimato al comandante di spostarsi perché a fine giugno la barca dev’essere a Mykonos. Il trasferimento parte da Olbia passa da Ponza, Capri con arrivo a Panarea. Dormo una volta a Panarea perché il giorno dopo c’è la tratta più lunga che è quella per arrivare a Crotone, ultimo porto in Italia. Da lì passo al largo di Leuca e vado in Albania, uscita dalle acque europee, rifornimento e poi si va a dormire a Corfù. Il giorno dopo faccio di solito Patrasso, dormo a metà del golfo di Patrasso e il giorno dopo sono a Atene; quindi, in otto giorni vado a Atene. Da lì, poi, a seconda del Meltemi, in due tappe arrivo a Mykonos dove la famiglia desidera fare almeno tre settimane.”
Mykonos è il capolinea?
“Lì c’è un’idea meravigliosa di albergo sottovento, con una bellissima spiaggia che mette a disposizione una catenaria a 30 metri dalla spiaggia, per dieci posti barca. Ti danno un numero di camera virtuale e quindi tu scendi al pontile dell’albergo (in cemento armato che non dondola), utilizzi la spa, la spiaggia, la piscina per i bambini, la piscina per adulti, ti fai arrivare la macchina a noleggio alla concierge, fai tutto quello che devi fare con questo numero di camera virtuale. Per i bambini e per i nipotini è l’ideale; stiamo lì tre settimane, un mare eccezionale, un tempo meraviglioso, facciamo tutto quello che c’è da fare e poi al rientro ci facciamo tre o quattro isolette prima di rientrare su Atene dove loro prendono l’aereo.”
Cosa chiede e suggerisce ai marina italiani?
“Facciamo pure un esempio concreto. Al Marina d’Arecchi, da quando hanno cambiato il direttore, è stato fatto un molo per le barche grandi o per le barche che ripetono il passaggio, e alle quali viene riservato un trattamento diverso. Ci sono ristorantini e bar e poco distante Amalfi e tutta la costiera Amalfitana. Una marina bellissima senza essere dentro al porto di Salerno, perché siamo dieci chilometri dopo. Il direttore ti trova tutto, lui è bravo a trovare tutto. Io avevo bisogno banalmente di pulire la moquette perché avevamo due cani Labrador marroni e sono venuti quattro ragazzi bravissimi, con il loro furgoncino, con le loro apparecchiature, hanno tirato via tutti i divani, le sedie, han fatto tutto loro, per una cifra irrisoria a confronto con quello che si paga qui a Porto Mirabello. Di questo ho bisogno quando al Marina d’Arechi ci sto due giorni se c’è mare brutto e non posso andare fuori. Se in quei due giorni ho bisogno di qualcosa e me lo riesci a dare allora ci torno volentieri. Servono servizi da sette stelle perché se ti fermi a cinque, allora tanti preferiscono gli alberghi a cinque stelle perché stai anche meglio.”
Quindi ci vogliono servizi a sette stelle?
“Serve che, con uno schiocco di dita, qualsiasi cosa tu abbia bisogno arrivi sulla passerella. Prendo di nuovo il caso della Grecia, Mykonos, dove per cinque giorni non si poteva andare da nessuna parte per il Meltemi e il mio agente in 5 minuti ha procurato quattro quad pronti dietro la barca e i ragazzi sono spariti per Mykonos. Il giorno dopo è arrivata la macchina, con il van, aria condizionata, portano in un hotel, si può stare tutto il giorno in piscina senza dover pagare una lira sul posto. Ti arriva la fattura a fine mese dell’agenzia. Questo è il servizio che serve: alzare il telefono, essere in un posto sconosciuto, con una lingua neanche tanto facile e avere qualcuno che opera come problem solver. Allora sì che vai in vacanza e non a romperti le scatole.”
Quando e come cercherà la prossima barca? Va ancora ai saloni?
“Io ai saloni nautici normalmente cerco di non andare, vado alle preview che tutti i cantieri fanno; l’anno scorso siamo stati ospiti di Ferretti a Montecarlo con Robbie Williams che ha fatto uno spettacolo meraviglioso e lì c’era tutta l’offerta del gruppo Ferretti prima che andassero a Cannes. Stessa cosa fa a Spezia anche Sanlorenzo. Sono un personaggio non conosciuto, non noto, ma tutti sanno chi sono e quindi mi invitano a vedere i nuovi modelli. Stiamo attenti alle novità quando escono e nella fattispecie, siccome siamo innamorati del modello SX, quando abbiamo visto che è stato presentato il 100, ci siamo subito avvicinati.”
Rapporti umani ed eventi privati hanno ancora il loro peso quindi?
“La conoscenza della nuova barca per noi avviene così, tramite inviti, tramite conoscenze personali. Non ci piace essere nel mischione di una fiera dove devi sgomitare per entrare e salire cinque minuti, non puoi guardare, non puoi fare. Siccome noi poi ci viviamo sul serio, facciamo tutte queste miglia, io me la devo pure smontare e rimontare, quando salgo a bordo dico ‘fuori tutti, adesso ci sto sopra’, cerco di capire come funziona. Secondo noi vale di più il contatto personale e la conoscenza delle persone che ti possono invitare. Io sono amico anche di Galassi, come di Perotti, eccetera. Anzi, Galassi era molto innervosito perché sapeva che i miei Riva d’Epoca sono molto più belli del suo.”
Ha anche dei Riva d’epoca?
“Ho una piccola collezione di Riva d’Epoca. Me li sono tutti smontati e restaurati praticamente in casa, salvo l’ausilio del cantiere per alcune cose che mi servivano sulla verniciatura, su alcuni pezzi di legno da rifare e quindi ho questi gioielli in garage che a me piace toccare, accarezzare e sentirne il profumo. Il bello di queste cose, secondo me, è il possesso, non l’utilizzo. La mia famiglia, in particolare mio genero, queste cose non le capisce; lui è per l’utilizzo. Io invece dico che sbagliano, queste cose non vanno utilizzate. Se volete andare sul lago, prendiamo un Boston Whaler, un canotto, una barca più moderna di plastica. Se prendo un Riva d’epoca è perché prima voglio starci sopra un’ora e mezza e accarezzarmelo, pulirmelo, prepararmelo. In cantiere lo aggancio io, lo metto in acqua io, tolgo il telo io; faccio tutte queste cose e loro non si offendono.”
Come le piacerebbe essere descritto per il suo trascorso professionale?
“Ho fatto per dieci anni le più belle cerniere lampo del mondo e la mia più bella avventura è stata sponsorizzare con la mia azienda l’America’s Cup, ovvero la barca Alinghi, che ha partecipato nel 2003 e ha vinto la Coppa America in Nuova Zelanda. Siccome avevo pochi soldi da piccolo imprenditore, non potevo permettermi di sponsorizzare lo spinnaker o la vela come hanno fatto Ubs o Audemars Piguet; a me spendendo un sacco di milioni mi hanno dato un piccolo spazio sul boma, fortunatamente la mia azienda aveva quattro lettere, si chiama Riri, e queste quattro lettere sul boma sono state la cosa più inquadrata di tutta la Coppa America, perché tutti vedevano Russell Coutts al timone e sopra di lui c’era il boma con scritto Riri. È stata una combinazione perfetta, come al solito quando uno è un po’ audace poi la fortuna lo aiuta.”
Una sponsorship nella nautica che vi ha consentito di fare marketing?
“Mia moglie ha portato 100 persone a Auckland, tra cui i massimi presidenti e azionisti di tutte le case che producevano moda, che producevano abbigliamento sportivo, ecc. perché volevo lanciare un nuovo tipo di cerniere a lampo che non fosse più legato al lusso. Facevamo cerniere dorate, con l’oro vero per LouisVuitton, per Hermès, per Prada, per Gucci, ma io invece avevo il pallino della cerniera a lampo perché c’è solo un produttore giapponese che fa una zip, che chiamano Two Men Zipper perché bisogna essere in due per chiuderla. Abbiamo fatto più di un brevetto per questa cerniera a stagna e quindi l’idea è stata: sponsorizzo Alinghi perché gli fornisco le mie cerniere da mettere sulle cerate. Quale migliore occasione per provare queste cerniere a lampo e lanciarle avendo 100 clienti a Auckland sulla follow boat che segue l’uscita delle barche dal porto per arrivare nel golfo di Auckland. Io avevo mezz’ora dove erano lì, non potevano scapparmi e si dovevano sorbire la spiegazione delle zip; è stato bellissimo e poi quando abbiamo vinto siamo tornati a Ginevra con la Coppa e a Lugano con il trofeo abbiamo fatto la visita in fabbrica con tutto l’equipaggio, abbiamo portato la Coppa in piazza a Lugano col sindaco, cose favolose.”
Oggi ha più tempo per riposarsi e godersi lo yacht?
“Da un punto di vista industriale e imprenditoriale mi piace ricordare questi dieci anni. Poi ci occupiamo anche di finanza, di immobili e di altre cose ma ora le portano avanti i miei figli che non hanno più bisogno del papà angelo custode, se la stanno cavando molto molto bene. È un grande orgoglio il fatto di avergli insegnato che le cose non cadono dal cielo; ci si può permettere tutto se si è fatto tanto prima, sennò non funziona. Loro hanno ben capito queste cose e devo dire che nelle loro rispettive responsabilità sono molto più attenti al singolo franco, al singolo euro, che non il sottoscritto. Farglieli spendere è un’impresa titanica e questo è fantastico.”
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Livio Cossutti – Michael Tirrito – Nicola Capuzzo – Carmine De Felice






