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Rossi (Azimut Benetti): “Il nostro ibrido permette una riduzione di consumi del 40%”

Intervista al chief product officer del gruppo che presenta il lavoro di ricerca a bordo di Azimut Seadeck 7, progetto pilota che testimonia l’eccellenza del cantiere nell’innovazione

di Giuseppe Orrù
10 Agosto 2025
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A_Alessandro Rossi-Seadeck

Questo servizio è stato pubblicato per la prima volta nel numero 3-2025 del supplemento Yacht Upstream disponibile a questo link

Seadeck 7 è la prima unità full hybrid di Azimut a montare la nuova propulsione Volvo Penta in grado di esprimere quattro diverse modalità di funzionamento e offrire una riduzione dei consumi e delle emissioni fino al 40% in uno anno di uso medio.

Per Alessandro Rossi, responsabile Sviluppo prodotto del Gruppo Azimut Benetti, “questo motore è nato principalmente grazie alla lunga collaborazione che abbiamo da oltre quindici anni con Volvo Penta per lo sviluppo di sistemi propulsivi e di gestione innovativi. Abbiamo entrambi una visione allineata su prodotto e sostenibilità, da ricercarsi con azioni concrete, con tecnologie che non guardano solo a cosa accadrà nei prossimi 30 anni ma a cosa deve succedere entro i prossimi cinque e con obiettivi raggiungibili soprattutto attraverso l’efficienza, che è correlata alla sostenibilità e a cui bisogna arrivare attraverso la tecnologia, ma anche con un’esperienza di utilizzo migliore. Oltre dieci anni fa, Azimut ha introdotto il primo ibrido, mentre Volvo Penta stava sviluppando soluzioni ibride per la navigazione commerciale. Così abbiamo condiviso le esperienze, noi sul ramo yachting e loro sulle propulsioni integrate. Da qui è partito un tavolo di lavoro, quasi due anni fa, e si è creata un’organizzazione ad hoc nelle nostre due aziende per sviluppare questo progetto, ‘Project Hybrid’. Volvo Penta è sempre stata abituata ad essere un fornitore di soluzioni, quindi sviluppa una soluzione in house, la testa e poi la vende. Noi siamo da sempre sia degli sviluppatori sia degli integratori di sistemi, quindi sviluppiamo una carena e poi selezioniamo un fornitore per la propulsione. Il sistema per Seadeck 7 è stato definito e progettato assieme; abbiamo organizzato 100-150 meeting bisettimanali sul 3D virtuale e poi a bordo per arrivare alla soluzione finale. Il sistema è stato disegnato sulle esigenze dello yachting, non è un adattamento di qualcos’altro”.

Quali sono state le sfide progettuali in termini di spazi e pesi?

“È stato un grande sforzo di design e integrazione. In questa partnership abbiamo avuto un altro grande aiuto, il Rina, per tutta la parte di risk assesment, perché vogliamo un sistema facile da usare ma anche sicuro. Nell’ottica del packaging c’è stato un grande lavoro di studio, ricerca di componenti, di posizionamento in termini di peso, di installazione e manutenzione. Stiamo ancora lavorando con Volvo Penta, questa barca è in fase di test e c’è una gemella in Svezia che Volvo Penta sta facendo operare a ciclo continuo per la durabilità del sistema. Insieme vogliamo lanciare sul mercato nel 2026 un sistema che sia completamente testato”.

Manca ancora la quarta modalità. In cosa consiste?

“È la modalità crossover, richiesta che arriva dai ritorni del mercato sulle nostre precedenti applicazioni. Abbiamo introdotto questa modalità due anni fa sugli ibridi di Benetti, con la possibilità di navigare in ‘alternata motori’, quindi un motore principale spento e l’altro che fa da propulsione per il suo asse, con il suo motore elettrico che genera energia per far funzionare l’altro motore elettrico. Sarà un solo motore diesel che sopporta tutti i carichi, sia propulsivi che di hotel, coadiuvato dalle batterie, e che lavorando a un carico ottimizzato, risulta anche più efficiente di tre motori endotermici che lavorano a carichi più bassi riducendo anche le ore totali di funzionamento e allungando gli interventi dei service”.

In futuro la propulsione offrirà così tanta scelta oppure si andrà verso l’individuazione della modalità migliore?

“Noi abbiamo un programma basato su quattro livelli di elettrificazione. Il primo, lo Zero emission hotel mode, è già disponibile su alcuni modelli delle collezioni Magellano e Grande. Il secondo, Mild hybrid, è operativo sul Seadeck 6, mentre il Mild hybrid plus sarà lanciato insieme alla nuova ammiraglia di Azimut, Grande 44M.  Nella versione full hybrid tutte le modalità saranno rese disponibili perché ognuna delle funzioni ha una ragione di essere e dà un beneficio. Vogliamo un sistema facile, dove l’intelligenza del sistema decida e supporti l’armatore o l’equipaggio nel passaggio da una modalità all’altra. Se parliamo di uno yacht Benetti, normalmente c’è un comandante, un chief engineer, preparati per gestire la complessità del sistema. In uno yacht sotto ai 24 metri non si può pensare che questa architettura venga gestita da un armatore. Il sistema sceglierà la modalità migliore con l’opportunità di forzare una modalità, ad esempio andare in full electric perché sono in una zona protetta. Scendendo di dimensioni esistono soluzioni ibride o di elettrificazione che riguardano solo alcune funzioni della barca. La prima funzione che pensiamo di sostituire è quella del generatore, recuperando energia dai motori propulsivi e immagazzinandola in batterie. Ritengo che sia necessaria una scalatura, basata sulla complessità architetturale del sistema a seconda dell’imbarcazione, offrendo in funzione della taglia di imbarcazione livelli di elettrificazione crescenti”.

Qual è il suo giudizio sulle infrastrutture in Italia per la ricarica elettrica rapida?

“Credo che sia necessario un grande cambiamento generazionale, anche nelle marine, come sta succedendo nei centri città, dove oggi è preferenziale che le auto siano elettriche o ibride. Anche i porti devono pensare a questo: quando durante la stagione estiva centinaia di motori diesel si accendono in porto, non è sempre così piacevole, specialmente se i diesel sono di vecchia generazione. Io credo che il primo passaggio sia capire quando le marine inizieranno a interessarsi ad avere lo stazionamento e l’entrata e l’uscita dal porto ad emissioni ridotte; questo sarà il primo grande cambiamento. Per raggiungerlo, dovranno fare la loro parte come infrastrutture”.

Qual è, secondo lei, la propulsione del futuro?

“Futuro è una parola molto generica nel senso che, se pensiamo ai prossimi dieci anni, credo che non ci sia alcuna possibilità di abbandonare l’endotermico. Dobbiamo essere onesti e dobbiamo essere dei tecnici che non raccontano fantascienza. Questo non vuol dire non fare niente oggi o domani, noi abbiamo fatto un grande lavoro con Eni e con il Rina per rendere tutte le nostre imbarcazioni compatibili Hvo e sappiamo che ci sono carburanti alternativi in arrivo. Non penso che a livello infrastrutturale riusciremo ad avere altri carburanti con disponibilità adeguata, ad eccezione dei bio-diesel di ultima generazione, prima del 2040. Vedo ancora un po’ più lontana la fuel cell. Non vedo come soluzione l’idrogeno per complessità, sicurezza a bordo e disponibilità.  Abbiamo un piano ben chiaro da qui al 2035, messo a terra con risultati tangibili. Non credo, però, che possiamo usare i nostri clienti come tester, ma vogliamo procedere come con il Seadeck 7 ‘Project Hybrid’, sviluppando insieme ai migliori partner soluzioni innovative da rendere poi disponibili sul mercato. Dobbiamo spingere tutto il sistema ad evolvere, però in modo cosciente. L’R&D guarda al 2050, lo sviluppo prodotto guarda al 2035, quindi sono due orizzonti temporali che, secondo me, le grosse aziende devono essere in grado di sincronizzare”.

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