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Regime di ammissione temporanea e confisca dello Yacht in caso di superamento del termine di appuramento

Il Consiglio dei Ministri ha approvato uno schema di decreto correttivo che, modificando le norme nazionali in materia doganale, escluderebbe l’applicazione della confisca amministrativa in tutti i casi in cui l’operatore versi i diritti doganali, le sanzioni e le spese sostenute per la gestione delle merci sequestrate

di REDAZIONE SUPER YACHT 24
7 Agosto 2025
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Guardia di Finanza – Dogane sequestro yacht

Contributo a cura del Dott. Ezio Vannucci e del Dott. Andrea Barabino*

* Moores Rowland Partners

 

Come dimostra la recente pubblicazione su questa stessa testata dal titolo  “Pagati 200mila euro di tasse per riavere lo yacht sequestrato” del 29 luglio scorso, sono sempre di maggiore attualità, sia per armatori sia per operatori del settore, le conseguenze derivanti dal superamento del termine di 18 mesi di permanenza di uno Yacht battente bandiera extracomunitaria all’interno delle acque unionali.

Uno Yacht battente bandiera di uno Stato extra-comunitario può infatti navigare/sostare nelle acque territoriali italiane e dell’Unione Europea invocando il regime doganale di “ammissione temporanea” rispettandone presupposti e limiti.

Il regime dell’ammissione temporanea, disciplinato dall’art. 250 del Reg UE 952/2013 (CDU), permette infatti l’utilizzo temporaneo nel territorio dell’UE, in esonero totale o parziale dei dazi all’importazione e dell’IVA, di merci non unionali destinate a essere nuovamente esportate o vincolate a un altro regime doganale senza aver subito modifiche, ad eccezione del loro naturale deprezzamento dovuto all’uso.

Nel caso di uno Yacht il regime di ammissione temporanea può essere invocato a condizione che:

  • lo Yacht sia immatricolato al di fuori dell’UE a nome di un soggetto (persona fisica o giuridica) stabilito fuori da tale territorio. In ipotesi di immatricolazione a nome di persona giuridica tale condizione dovrà essere rispettata anche dagli Amministratori e dal Titolare effettivo (UBO);
  • sia utilizzato da una persona stabilita fuori del territorio unionale.

I mezzi di trasporto beneficiano di una particolare forma di semplificazione del regime qui esaminato in base alla quale, in applicazione dell’articolo 141 paragrafo 1, lettera d) del RD 2446/2015, il semplice passaggio della frontiera determina il vincolo del bene al regime di ammissione temporanea.

Nel caso di uno yacht, come confermato dalla recente circolare n. 8/2025 dell’Agenzia delle Dogane, l’ingresso nelle acque territoriali di uno Stato membro dell’UE (quelle ricomprese nelle 12 miglia dalla costa) è, in linea di principio, sufficiente a vincolare il bene a tale regime. È comunque utile optare per la dichiarazione verbale di vincolo al regime, presentando un apposito formulario (allegato 71-01 RD), allo scopo di attestare la data di arrivo dell’unità nel territorio unionale ai fini del rispetto dei termini massimi per l’appuramento.

L’ammissione temporanea per le unità da diporto ad uso privato consente infatti, ai sensi dell’art. 217, lett. e) del RD, l’utilizzo nel territorio doganale dell’Unione per un periodo massimo di 18 mesi (cosiddetto termine di appuramento).

Se entro questo termine di appuramento, pari a 18 mesi, l’unità da diporto non è trasferita fuori del territorio dell’Unione o il mezzo di trasporto nel contempo non è stato vincolato ad un altro regime doganale (ad esempio al regime di perfezionamento attivo per un progetto di Refit), viene integrata una fattispecie di “contrabbando” che può in determinate ipotesi avere anche rilievo sul piano penale per l’Armatore o gli amministratori delle società armatrici.

In caso di contrabbando è sempre dovuta l’IVA all’importazione sul valore dello Yacht oltre ad una sanzione commisurata al tributo dovuto. La disciplina nazionale prevede inoltre che in caso di contrabbando sia obbligatoria la “confisca” del mezzo di trasporto, misura che quindi si aggiunge alla riscossione dell’IVA e alle sanzioni pecuniarie di cui si è detto.

Ebbene, con la recentissima sentenza n. 93 del 3 luglio 2025 la Corte Costituzionale ha dichiarato però illegittima la confisca in caso di pagamento delle imposte dovute e delle relative sanzioni ritenendo che tale cumulo sanzionatorio (sanzioni monetarie e confisca del bene) sia sproporzionato nelle ipotesi in cui l’operatore abbia provveduto al pagamento dell’IVA all’importazione.

Secondo la Corte Costituzionale, la previsione della confisca in relazione a contestazioni relative all’Iva all’importazione, in aggiunta alla sanzione amministrativa, non è coerente con la risposta sanzionatoria prevista in materia di Iva interna. Il Decreto che disciplina i reati in campo tributario (d.lgs. 74/2000) prevede, infatti, la possibilità di procedere alla confisca soltanto nel caso in cui la condotta costituisca reato (art. 12-bis). Questa disparità di trattamento rispetto all’Iva interna è ancor più evidente a seguito della riforma fiscale (d.lgs. 87/2024), che ha escluso l’applicazione del sequestro e della confisca nel caso in cui l’operatore regolarizzi il debito tributario.

Secondo la Consulta, inoltre, il cumulo tra confisca e sanzione pecuniaria previsto per l’Iva all’importazione, non ha eguali neppure in riferimento ai dazi doganali. Il Codice doganale dell’Unione stabilisce, infatti, che l’obbligazione si estingue quando le merci soggette ai dazi doganali sono sequestrate o confiscate (art. 124).

L’applicazione della confisca in aggiunta alla sanzione, in caso di una contestazione che ha ad oggetto l’Iva all’importazione ad avviso dei Giudici integra, pertanto, una violazione del principio di proporzionalità delle sanzioni.

Per tale motivo, la Corte Costituzionale ha concluso affermando che “Nell’ipotesi in cui l’autore dell’illecito si attiva per rimediare al mancato pagamento dell’IVA all’importazione, corrispondendo il tributo evaso, gli accessori, comprensivi degli interessi, nonché la sanzione pecuniaria, il mantenimento della misura della confisca risulta infatti sproporzionato, dal momento che lo Stato ha recuperato l’intero debito tributario e quindi viene meno anche quella funzione di garanzia che può giustificare la confisca obbligatoria”.

L’applicazione della confisca in aggiunta alla sanzione amministrativa comporterebbe quindi una violazione del principio di proporzionalità realizzando un risultato eccessivamente punitivo nei confronti dell’operatore che abbia provveduto a regolarizzare il proprio debito tributario.

Ad oggi la decisione dei Giudici ha già spinto il Legislatore ad avviare un processo di revisione legislativa volta a rendere il complesso delle norme sanzionatorie in tema di importazioni conformi ai principi espressi dalla Corte costituzionale.

Il 14 luglio 2025 è stato approvato dal Consiglio dei Ministri uno schema di decreto correttivo che, modificando le norme nazionali in materia doganale, escluderebbe l’applicazione della confisca amministrativa in tutti i casi in cui l’operatore versi i diritti doganali, le sanzioni e le spese sostenute per la gestione delle merci sequestrate.

Qualora tale modifica dovesse effettivamente entrare in vigore al termine dell’iter legislativo, in caso di contestazioni da parte dei funzionari dell’Agenzia delle Dogane o della Guardia di Finanza, si potrebbe in un prossimo futuro evitare la confisca del mezzo di trasporto aderendo ai rilievi dell’Amministrazione finanziaria.

Tale novità risulterebbe una misura di assoluto rilievo anche per il mondo dello yachting considerato che consentirebbe agli armatori esteri che sono incappati nel superamento del termine di appuramento di 18 mesi previsto per l’ammissione temporanea, di evitare la confisca dello Yacht procedendo al pagamento dell’IVA, oltre a sanzioni ed interessi.

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