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Quarant’anni di mare: la filosofia del comandante Lucio Prosperi su yachting di lusso e sostenibilità

L’impegno del comandante di un 83 metri nello sfidare i pregiudizi del lusso, guidando il futuro green dello yachting e ispirando le nuove generazioni

di Cinzia Garofoli
22 Maggio 2025
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Con una carriera che abbraccia oltre quarant’anni di mare, il comandante Lucio Prosperi ha un’esperienza non comune nel mondo dei superyacht. Dal profilo riservato, ha accettato di condividere con SUPER YACHT 24 la sua visione del settore, spaziando dal suo rapporto ultra quarantennale con una famiglia di armatori su un megayacht di 83 metri, all’impegno per la sostenibilità e al supporto alle nuove generazioni, offrendoci uno spaccato profondo su un mestiere in continua evoluzione.

Comandante Prosperi, considerata la sua riservatezza, cosa l’ha spinta ad accettare questa intervista?

“Sono una persona riservata un po’ per natura ed anche perché questo è un aspetto necessario per il tipo di lavoro che svolgo. Di recente però ho scelto di diventare socio dell’Italian Yacht Masters Association; non tanto per i vantaggi che potrebbe portarmi, dato che sono alla fine della mia carriera, ma per fare lobbying e aiutare i giovani. Voglio cercare di migliorare la percezione che gli altri hanno del nostro lavoro. Spesso l’immagine di opulenza è vista come contrapposta alla coscienza ambientale che sempre più si sta diffondendo, ma ritengo sia una percezione distorta, che hanno tra l’altro anche i nostri colleghi del mercantile.  L’associazione sta facendo un grande lavoro e voglio dare una mano utilizzando i contatti che ho maturato in questi quarant’anni qui, a Palma di Maiorca.”

Qual è la filosofia che guida le vostre crociere e come si è evoluto il suo rapporto con la famiglia armatoriale in questi oltre quarant’anni?

“Lavoro da sempre con la stessa famiglia, con la differenza che prima il mio riferimento era il padre ed ora sono i figli. Ho avuto la fortuna di crescere con loro, passando da marinaio a primo ufficiale e poi a comandante di barche sempre più grandi. La nostra filosofia è non avere un programma fissato per la crociera. Se l’armatore sta bene in un posto, ci rimane finché non si stanca, a quel punto decide estemporaneamente dove andare ed il mio ruolo è risolvere i problemi che nascono da questa scelta. L’armatore ha una barca di 83 metri e le risorse per muoverla senza problemi, per cui non vuole programmi; credo sia comprensibile. Se un posto diventa affollato o scomodo, ce ne andiamo.  Questo richiede un’organizzazione logistica costante e un’enorme elasticità: trovare ormeggi, organizzare trasporti, alberghi, ristoranti… tutto in tempo reale.”

Quanto incide la disponibilità economica nell’ottenere ormeggi o servizi in luoghi richiesti, anche senza preavviso?

“Assolutamente niente. I nostri armatori sono persone estremamente educate e rispettose. Non fanno valere la loro disponibilità economica o influenza per ottenere vantaggi o ormeggi non previsti. Il nostro network di contatti con agenzie e porti è basato sul rispetto. Sanno che siamo clienti affidabili e collaborativi. Se il 15 agosto a Porto Cervo l’unico posto disponibile è meno comodo di quello che normalmente ci viene dato, lo accettiamo e collaboriamo. Sicuramente non facciamo pressioni. È una questione di etica e di rispetto reciproco.”

Il Yasmine of the Sea (precedentemente Stargate) è un Oceanco di 83 metri. Quali accorgimenti sono stati presi a bordo per la sostenibilità ambientale?

“Ho seguito fin dall’inizio la costruzione di questa barca che ci è stata consegnata nel 2001 dal cantiere. L’abbiamo mantenuta al più alto standard grazie alla fiducia dell’armatore, che ci ha sempre permesso di attualizzarla, ed abbiamo lavorato molto per diminuire il suo impatto ambientale. Abbiamo installato filtri speciali sugli scarichi dei generatori prodotti da un’azienda olandese – che riducono le emissioni di oltre il 90%; un’efficacia che è visibile a occhio nudo quando accendiamo un generatore: non esce più alcun fumo nero.

Inoltre, non imbarchiamo bottiglie di plastica perché abbiamo adottato un sistema di filtraggio e sterilizzazione dell’acqua potabile a bordo. Utilizziamo bottiglie di vetro riciclabili solo per gli ospiti. Abbiamo ottimizzato il Power Management System per far funzionare un solo generatore la maggior parte del tempo e così ridurre consumi ed emissioni. Siamo molto attenti al trattamento delle acque nere e grigie: non scarichiamo nulla in mare se non rispettando la normativa Marpol che, nell’Annesso IV, prevede la triturazione e la sterilizzazione una volta in alto mare. Differenziamo la spazzatura mettendola in sacchi sottovuoto trasparenti, e la congeliamo, per facilitare l’identificazione e lo smaltimento a terra. Anche gli anodi galvanici sono in alluminio per ridurre la dispersione di metalli pesanti. Sono tutte scelte fatte per rispettare l’ambiente; vogliamo dimostrare che anche nel lusso è possibile proteggerlo.”

Quali sono le maggiori difficoltà che riscontrate nei porti, e cosa si dovrebbe fare per migliorare la situazione a livello di infrastrutture e normative?

“E’ fondamentale che le strutture a terra siano attrezzate per la gestione corretta dei rifiuti, così che il nostro lavoro di selezione sia seguito da un ritiro efficace nei porti. E’ altrettanto fondamentale una gestione adeguata delle acque nere e grigie anche nelle marine. Non possiamo stare per settimane nelle tre miglia dalla costa, e poi non avere la possibilità di scaricare.

Un’altra situazione urgente riguarda la protezione della Posidonia, di cui appoggio la campagna, ma non si può solo proibire: bisogna dare soluzioni. Se non si può ancorare sulla Posidonia le autorità devono aumentare la disponibilità di campi boa. Questi non solo proteggono la flora marina, ma aumentano anche la sicurezza delle barche, evitando gravi danni a yacht e persone come quelli avuti l’estate scorsa a Formentera con l’arrivo di tempeste improvvise. Più ormeggi nei campi boa ben ancorati possono salvare barche e persone in condizioni avverse.”

L’equipaggio che gestisce è molto numeroso; quali sono i segreti per guidare un gruppo così grande e renderlo coeso?

“Ho la fortuna di lavorare con un equipaggio permanente, che d’estate arriva a comprendere 30 persone, con cui collaboro da moltissimi anni. Il mio primo ufficiale è con me dall’86, il secondo di macchina dal ’93,  la caposala da 10-12 anni, e il direttore di macchine – che ha un ruolo importante nella nostra evoluzione tecnica verso la sostenibilità – da 7 anni. Siamo un gruppo legato non solo da un rapporto professionale ma anche da un’amicizia rispettosa, che sa distinguere il lavoro dall’amicizia fuori bordo. Qui, chi comanda è il lavoro, e ognuno ha le sue responsabilità.

Non ho segreti; credo semplicemente che la maniera giusta per gestire l’equipaggio sia dare l’esempio. Non mi approfitto della mia posizione, arrivo in barca alla stessa ora dei ragazzi, non ho privilegi negli orari. Lavoro come loro, ognuno nel suo ruolo.  Considero il lavoro dell’ultimo arrivato tanto importante e meritevole di rispetto quanto il mio. Tutti sono fondamentali: da solo non potrei mandare avanti questa barca. Abbiamo lavorato negli anni per perfezionare il nostro sistema adattandoci ai cambiamenti di normative, ai gusti degli armatori e alle nuove tecnologie. La fiducia è fondamentale: il mio ufficio è sempre aperto, non ho niente da nascondere a nessuno di loro.”

Perché, secondo lei, ci sono ancora poche donne nei ruoli di comando degli yacht?

“Credo che non ci sia nessuna differenza di capacità tra uomini e donne. Conosco ragazze comandanti preparatissime, con una professionalità che ispira ammirazione. La carriera per un comando di certe dimensioni è lunga e a volte la vita stabilisce priorità differenti, come la maternità. È chiaro che una donna può sentire la necessità di formare una famiglia e questo può rendere più complessa una carriera impegnativa, soprattutto quando i bambini sono piccoli. Però, se in una coppia chi va per mare trova un partner che comprende e supporta il suo lavoro, sia uomo o donna, la sfida è affrontabile.

Detto questo, confermo che le donne in ruoli di comando sono ancora troppo poche. Non è un problema di discriminazione da parte dei colleghi, ma spesso una questione generazionale legata agli armatori: le generazioni più anziane possono avere qualche resistenza. Le nuove generazioni di armatori sono invece molto più aperte mentalmente e hanno visto donne ricoprire qualsiasi ruolo di comando, anche a livello di capi di stato. Grazie all’apertura mentale dei giovani armatori, le possibilità per le donne di accedere a posti importanti di comando saranno sempre più numerose.”

Barche come la Yasmine of the Sea, che ha oltre vent’anni, potrebbero navigare per altri trenta. Come si tutela questa longevità e quali sono le sue prospettive future per una propulsione ecocompatibile?

“Il segreto sta nel valore affettivo che la barca ha per l’armatore e nel nostro impegno costante nel mantenerla e attualizzarla tecnicamente con continui refit e miglioramenti. Non si tratta di attenzione nel manutenere, ma di volontà di migliorare la barca. Stiamo valutando l’uso del nuovo carburante Hvo, consultandoci con i produttori di motori e filtri per la compatibilità e i costi, anche se al momento la sua disponibilità è limitata. Su una barca come questa, cambiare completamente la propulsione sarebbe un lavoro enorme e ingiustificabile. L’idea è piuttosto quella di usare carburanti sintetici o nuovi e continuare a installare sistemi di abbattimento delle emissioni anche per i motori principali, come abbiamo fatto con successo per i generatori. L’investimento è motivato dalla sensibilità dell’armatore e dalla nostra proposta per il suo comfort e per il rispetto dell’ambiente.”

Qual è la sfida più grande che affronta nel suo ruolo di comandante?

“Il mio lavoro di comandante non è solo navigazione, ma project management a 360 gradi. L’aspetto più difficile è prendere decisioni tecniche complesse per migliorare la barca, sapendo che il risultato non è mai garantito, e dover ripagare la fiducia dell’armatore. Certo ci sono molte altre difficoltà da gestire, soprattutto per la sicurezza, intesa nei suoi vari aspetti, che rappresenta sempre la priorità. La vigilanza su tutti questi aspetti è costante e sempre massima, sia in porto che in mare.”.

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