La Suprema Corte si pronuncia sulla natura della confisca doganale
La Cassazione pare avere stabilito il principio secondo cui – nelle ipotesi di contrabbando – il contribuente possa evitare la confisca del bene mediante il pagamento delle imposte (Iva all’importazione) e delle sanzioni in forma ridotta

Contributo a cura di avv. Diego Zucal *
* Studio Giovanardi
Con sentenza n. 6614 del 12 marzo 2025, la Corte di cassazione si è nuovamente pronunciata sulla natura della confisca ex art. 301 Tuld (d.p.r. n. 43/1973, oggi abrogato e sostituito dal d.lgs. 141/2024).
I fatti di causa nascono da una controversia insorta dalla violazione del regime di ammissione temporanea di un’autovettura immatricolata fuori dall’Ue (si tratta, però, di ipotesi di frequente verificazione anche nel settore della nautica). Ne è scaturita la contestazione dell’illecito di contrabbando, nella sua forma depenalizzata, con conseguente confisca del mezzo di trasporto e irrogazione di una sanzione pecuniaria.
Il proprietario dell’autovettura, dopo aver optato per il regime di definizione agevolata della sanzione ai sensi dell’art. 16, c. 3 del d.lgs. n. 472/1997, impugnava l’atto di confisca, evidenziando come, ai sensi dell’ultimo periodo del citato art. 16, c. 3, la definizione agevolata impedisca l’applicazione delle sanzioni accessorie, fra le quali è da ricomprendere la confisca.
Il ricorso, respinto in primo grado, veniva accolto dai Giudici di secondo grado, i quali ritenevano (correttamente) che l’ablazione del bene possa ritenersi legittima solo laddove il contribuente non provveda al versamento dei diritti di confine e della connessa sanzione amministrativa.
La causa è giunta dinanzi alla Corte di cassazione, la quale ha tuttavia accolto il ricorso dell’Amministrazione doganale.
La Corte ha rilevato che la confisca doganale ha natura di misura di sicurezza e non di sanzione accessoria. Nella pronuncia si afferma che la confisca ex art. 301 TULD avrebbe, nella sua veste di misura di sicurezza, una funzione special-preventiva: da un lato, scoraggiare il contribuente dalla commissione dell’illecito; dall’altro, consentire all’erario di recuperare il tributo evaso (dazio e Iva all’importazione) nella maniera più rapida possibile.
Se così fosse, si potrebbe allora sostenere che la confisca perda la sua funzione special-preventiva nel momento in cui il contribuente provvede, ante emissione dell’atto di confisca, al pagamento dei diritti di confine e della relativa sanzione pecuniaria (ravvedimento operoso).
Sotto questo profilo va, peraltro, rilevato che la sentenza in esame contiene, al punto 2.6, un inciso molto interessante: la Corte, invero, fa la seguente affermazione “nel caso in esame non vi era stato pagamento dei dazi”. Quasi a dire che, diversamente, il versamento dal dazio avrebbe potuto condurre a una diversa decisione, ossia alla declaratoria di illegittimità della confisca.
Il che, del resto, sarebbe coerente con la rilevata natura di misura di sicurezza della confisca. Non avrebbe senso, infatti, procedere all’espropriazione di un bene divenuto unionale a seguito del versamento dei diritti di confine: l’ablazione della merce perderebbe, invero, la sua funzione special-preventiva e, dunque, la sua ragione d’essere.
Si tratta di soluzione che va attentamente ponderata in relazione al caso concreto: non sussistono, infatti, indirizzi giurisprudenziali o di prassi che possano confermare la fondatezza di una simile ricostruzione. Si ritiene, tuttavia, che il versamento di imposte e sanzioni possa costituire un valido presupposto per contestare, poi, in sede giudiziaria, la legittimità di una misura (la confisca) decisamente contraria al principio di proporzionalità delle sanzioni di cui all’art. 42 del Codice doganale dell’Unione (Reg. 952/2013).
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER GRATUITA DI SUPER YACHT 24
SUPER YACHT 24 È ANCHE SU WHATSAPP: BASTA CLICCARE QUI PER ISCRIVERSI AL CANALE ED ESSERE SEMPRE AGGIORNATI