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La navigazione oceanica: aspetti tecnici, profili legali e pericolosi incontri ravvicinati

Al seminario organizzato da Studio legale Mordiglia e cantiere Southern Wind è stato raccontato il caso del soccorso in Oceano Atlantico dello yacht a vela SW100 Cape Arrow

di Nicola Capuzzo
30 Giugno 2023
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Mordiglia – Southern Wind seminario

Genova – Durante una navigazione oceanica in Atlantico a bordo di uno yacht a vela può capitare di avere una collisione con qualcosa di sommerso (un animale o un oggetto) che danneggia irreparabilmente il timone e rende l’imbarcazione non più governabile per l’equipaggio. Il tutto in condizioni meteo-marine avverse. Le competenze del comandante e del suo staff a bordo, le caratteristiche tecniche dello yacht, l’abilità del gestore da terra e la prontezza e competenza nel fornire soccorso possono però trasformare quella che poteva essere una brutta disavventura in una storia da raccontare come case study.

Il caso dello yacht SW100 Cape Arrow è stato infatti messo al centro, come testimonianza concreta, del seminario intitolato “La navigazione oceanica: aspetti tecnici e profili legali” organizzato dallo studio legale Mordiglia insieme al cantiere Southern Wind all’Ocean Live Park di Genova.

L’incidente in questione era avvenuto alcuni anni fa a 4 mila miglia di distanza da Genova, porto di partenza, mentre la barca si trovava a 600 miglia da Antigua. Nel racconto dell’accaduto Andrea Micheli, chief commercial officer del cantiere Southern Wind, ha spiegato che il comandante, dopo aver messo in sicurezza l’equipaggio, aveva contattato Southern Wind in qualità di yacht manager e, nell’attesa del rimorchio, aveva buttato in acqua un Gennaker di 500 mq per stabilizzare e governare (almeno minimamente) l’imbarcazione per circa 400 miglia in direzione appunto di Antigua.

Proprio grazie al fatto che la SW100 Cape Arrow era in condizioni di sicurezza (e così anche il suo equipaggio) quello che poteva essere un costoso intervento di salvataggio marittimo si è trasformato in un più economico contratto di rimorchio (da 55mila dollari) con tanto di lieto fine rappresentato dall’equipaggio che (per sopravvivere) ha consumato ostriche e champagne imbarcate a bordo per il charter previsto nei giorni successivi e l’assicurazione che ha apprezzato il minore esborso dovuto per il recupero dell’imbarcazione.

Proprio per rischi come quello descritto Micheli di Southern Wind ha sottolineato come “hope is not a strategy” quando si parla di navigazione in sicurezza, bensì si tratta di “preparazione (equipaggiamento); individuare la barca giusta è un processo lungo e richiede competenze”. A partire proprio dalla preparazione dello scafo (design breaf) guardando a obiettivi come robustezza, leggerezza, prestazioni, affidabilità e manutenibilità.

Non a caso il capt. Andrea Balzarini durante il suo intervento ha posto l’accento sulla “importanza delle check list e delle spare parts a bordo fornite dal cantiere”, sottolineando, anche per ciò che riguarda i turni di riposo, “l’importanza di avere la tranquillità di poter riposare senza pensare a nulla”. Questo grazie al lavoro svolto dal resto dell’equipaggio a bordo. Proprio Balzarini, infatti, ha confermato come siano frequenti incontri ravvicinati con balene e orche: “Per questo è  indispensabile avere una barca solida sotto i piedi”.

Allo stesso modo la pensa anche Federico Borromeo, armatore di SW102 Almagores: “Fondamentale è cercare di capire cosa vuoi fare con la tua barca, in base a quello che vuoi fare la barca cambia” ha spiegato. Sottolineando anch’egli che “la sicurezza a bordo è fondamentale”. A questo proposito ha aggiunto: “Oggi sugli yacht a vela si preferiscono le carene piatte per andare veloce ma con l’opera viva un po’ più profonda si fa qualche nodo in meno ma si viaggia molto più in sicurezza”. Un suggerimento rivolto ai colleghi armatori.

All’avvocato Enrico Mordiglia (studio legale Mordiglia), introducendo il seminario, è spettato il compito di spiegare in termini legali cosa significhi “navigazione oceanica” illustrando quanto previsto dalla Convenzione internazionale di Montego Bay del 1982. Per ciò che riguarda ad esempio “la posizione giuridica delle navi che navigano in alto mare (art.92 della convenzione di Montego Bay)” le unità italiane in alto mare “sono soggette alla giurisdizione dello stato di bandiera”.

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