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“Al lavoro per espandere il servizio Dock and Sell anche ai super yacht”

Intervista ad Antonio Scotto di Perta e Alessandro Maruccia, fondatori della società di charter Blue Dream a Procida

di Cinzia Garofoli
3 Luglio 2022
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Da dx Antonio Scotto di Perta e Alessandro Maruccia

La passione per il mare di Antonio Scotto di Perta e di Alessandro Maruccia, “marinai” per elezione a Procida con la società di charter Blue Dream, traspare in ogni loro parola. L’attività che hanno fondato oltre 20 anni fa nel porto turistico dell’isola campana, parte della rete Marinedi Group, è a tutto tondo: insieme a quella primaria di charter con 30 barche c’è quella di dealer dei catamarani Fountaine Pejo, di vendita di imbarcazioni nuove e usate, di consulenza ai clienti e di molti altri servizi, anche nella formazione. E poi le attività benefiche e quelle culturali. E l’ultima iniziativa: Dock and Sell.

Antonio Scotto, oltre alla passione per il mare, qual è stato il segreto della vostra azienda per arrivare così in alto?  

“Facciamo tutto questo nella splendida cornice di Procida; finora non abbiamo aperto altre basi perché la tranquillità di questo posto è unica e protegge il nostro sorriso.  Ci piace anche sfidarci e aiutare gli altri con iniziative benefiche di tanti tipi dato che siamo nati nella metà di mondo fortunato e possiamo farlo. E poi siamo dei ‘marinai’: ci piace ancora sporcarci le mani con i motori e facciamo in prima linea tutto quello che serve. Quando saliamo su una barca non ci sfugge nulla!”

Con Marinedi state collaborando al progetto Dock and Sell, il primo salone dell’usato stabile nella nautica da diporto: come si sviluppa?

“Abbiamo proposto all’ingegner Renato Marconi una formula in grado di potenziare le reciproche attività: l’idea di un salone dell’usato stabile negli ormeggi di Marinedi per alleggerire dai pensieri e dai costi gli armatori.  L’armatore che deve vendere la sua barca l’affida a noi per 6 mesi e in cambio ha l’ormeggio gratuito, la risistemazione dell’imbarcazione con i vari interventi di cantieristica, l’effettuazione della perizia attraverso esami specifici per limitare i problemi all’acquirente. Ci occupiamo inoltre di pubblicizzare l’imbarcazione e accogliamo i compratori interessati cercando di venderla nel minor tempo possibile.

Per sei mesi l’armatore è sollevato dai costi e non deve occuparsi di nulla. L’idea è piaciuta a Marinedi e siamo diventati partner nell’iniziativa che riguarda barche a vela e yacht, principalmente fino ai 22 metri, fascia nella quale siamo molto preparati, senza trascurare quelli di fascia superiore che sono seguiti da due nostri espertissimi collaboratori che hanno tutta la nostra fiducia. Tra l’altro, paradossalmente, periziare un 40 metri è più facile rispetto a periziare un Comet a vela di 10 metri.”

Siete già attivi con Dock and Sell nel porto di Brindisi: con che criterio lo avete selezionato dalla rete Marinedi e quali obiettivi avete?

“Ufficialmente siamo partiti 20 giorni fa nel marina di Brindisi che è stato selezionato anche perché accanto ha il cantiere Danese, realtà di riferimento con il quale abbiamo stretto un accordo. Stiamo osservando un bel movimento. Per il futuro pensiamo di collocare Dock and Sell in altri marina che hanno accanto il cantiere di riferimento con il quale creeremo accordi per manutenere le barche nella massima efficienza; al proposito abbiamo individuato Porto San Giorgio nella Marche e Balestrate in Sicilia.

Presenteremo ufficialmente Dock and Sell al Salone Nautico di Genova, dove da sempre siamo presenti: stavolta insieme alla vendita di catamarani porteremo anche questa nuova sfida!”

Avete pensato a come – se è possibile – sviluppare un vero servizio Dock and Sell anche per i megayacht?

“Sì, il fatto che i superyacht abbiano l’equipaggio a bordo è già un aiuto, anche se le situazioni sono diverse una dall’altra e molto dipende dall’attenzione che l’armatore vuole dedicare alla barca. Abbiamo comunque già identificato gli ormeggi possibili per barche di questo tipo in alcuni porti della rete. E in realtà abbiamo già realizzato un acquisto per un 30 metri che ci ha impegnato per un mese a Barcellona.

Per lo sviluppo futuro potrebbe essere creata una rete in Italia di 4-5 porti divisi per genere e dimensioni, per far sì che l’interessato ad un certo tipo di barca trovi nello stesso luogo una ricca scelta di quella tipologia. E magari potrebbe anche provare per due o tre giorni la barca e verificare se è proprio la barca adatta alle sue esigenze. Quello che vogliamo è creare un percorso per l’acquirente e per il venditore da fare in reciproca sicurezza e relax e non con ‘la guardia alzata’, come invece in questo settore spesso capita di dover avere.”

Alessandro Maruccia, lei ha dato vita alla Fondazione Dal Mare: su cosa si concentra questa attività?

“La Fondazione è nata per promuovere la marineria e la cultura del mare ed è impegnata in diversi progetti. Solleviamo poi l’attenzione sugli argomenti importanti del settore fra cui ad esempio è molto sentito il gap legislativo che dal 2005 rende praticamente impossibile accedere a titoli per ufficiale del diporto per l’estrema lunghezza dell’iter e per la difficoltà di trovare un imbarco: problema questo che determina la mancanza di ufficiali e si riversa in modo pesante sul settore charter frenandone lo sviluppo. Creiamo relazioni con le scuole per far conoscere ai ragazzi che escono dal Nautico le possibilità offerte dal settore del diporto, non solo del settore mercantile, a vantaggio anche della loro occupazione. E poi abbiamo realizzato un museo navigante per le barche costruite negli anni che vanno dal 1950 al 1990.”

Di cosa si tratta più precisamente?

Il museo galleggiante, che prende le mosse da quello francese dedicato alla barca Joshua di Bernard Moitessier, il velista che ha fatto un giro e mezzo del mondo, un vero mito per ogni appassionato, si chiama “Patrimonio vivo navigante” e vuole valorizzare quelle imbarcazioni datate dal ‘50 al ’90 che non sono ritenute storiche, ma fanno la storia della cantieristica italiana e i cui appassionati armatori continuano a curare con sacrificio. Queste barche hanno la possibilità di entrare nella comunità di mare accolte a braccia aperte: il sito racconterà la barca con l’aiuto del suo armatore e con tutte le notizie storiche che riusciremo a trovare sul web e con altre ricerche oltreché con inviti a partecipare a chi ha foto, aneddoti o informazioni che le riguardino. Le barche invece entreranno nei porti ed avranno una bandierina e una targa che ne descriverà i primi dati tecnici e i primi cenni storici che potranno essere approfonditi sul sito da chi è appassionato e in quel momento magari si trova proprio davanti alla barca stessa. Agli armatori Marinedi offrirà sconti ed incentivi per favorire i loro viaggi e farli transitare fra i suoi porti.  E nelle giornate di open day gli appassionati potranno incontrare gli armatori che possiedono quelle navi che hanno destato il loro interesse, potranno dialogare insieme e anche provare le barche per una veleggiata.

Con il museo ogni armatore diventa ambasciatore della sua barca grazie alla sua passione e, facendo navigare le persone, queste si avvicinano al mare alimentandone il mercato.”

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