Gallozzi (Marina d’Arechi): “Aumenteremo gli spazi dedicati ai superyacht”
Un nuovo bacino ospiterà fino a 250 unità di 12 metri, liberando spazio per yacht fino a 100 metri. L’obiettivo è ampliare l’offerta di ormeggi di alta gamma, migliorare i servizi e rafforzare la competitività nel Mediterraneo

Anche nel 2025 il porto turistico di Salerno Marina d’Arechi si è confermato come una delle destinazioni più attrattive nel Mediterraneo per il segmento dei superyacht scelta, già nella prima metà della stagione estiva, da oltre 250 imbarcazioni di lunghezza compresa tra i 30 e i 79 metri tra cui il 79 metri Nympheas, il 75 metri Wheels, il 73 metri Titania oltre a Kd (64 metri) e Artexplorer (46,6 metri). SUPER YACHT 24 ne ha parlato con il cavaliere del lavoro Agostino Gallozzi, presidente di Marina d’Arechi e di Gallozzi Group.
Presidente, come sta andando la stagione?
“Quest’anno abbiamo registrato +20% sugli ormeggi di transito dei mega yachts e +10% su quelli stanziali, dove siamo sold out. Nella nautica fino a 24 metri di fatto attualmente non abbiamo più posti disponibili. È interessante notare che la permanenza media all’ormeggio dei mega yachts è passata dalle 2,5 notti del 2024 a 3,4 notti del 2025. Il nostro obiettivo resta garantire una qualità altissima, commisurata a ciò che i clienti spendono, mantenendo Marina d’Arechi come un punto di riferimento per il diporto di alto livello”.
Quali sono le prossime novità infrastrutturali su cui state lavorando?
“Stiamo elaborando il progetto di un nuovo bacino portuale per 200-250 imbarcazioni intorno ai 12 metri, per le quali c’è forte richiesta. Questo porterà la capacità totale della marina prossima ai 1.200 posti barca e permetterà di trasferire lì parte della flotta attuale, liberando spazio nel bacino principale per megayacht, per aumentare lo specchio acqueo dedicato alle unità più grandi. Tutto avverrà all’interno delle aree già in concessione, mantenendo la flessibilità del layout per adattarsi all’evoluzione del mercato”.
Il settore dei porti turistici, in particolare nel segmento superyacht, si confronta con una concorrenza internazionale sempre più strutturata. Cosa serve per non perdere competitività?
“Quando parliamo di porti turistici e quindi della progettazione e realizzazione di importanti opere infrastrutturali, sappiamo che questi interventi richiedono sempre tempi lunghi. Ci sono barriere all’accesso di tipo ambientale e normativo e percorsi autorizzativi che esigono anni e quindi anche le variazioni dell’offerta rispetto alla domanda non possono essere rapide. Oggi non mi risulta che ci siano in cantiere molte nuove iniziative capaci di cambiare significativamente un mercato che comunque guarda all’Italia con grande interesse. Un’area su cui ragionare è la proposta complessiva dedicata al mondo dei megayacht, non soltanto quella della nautica in generale. Questa, a mio avviso, passa anche attraverso la formazione: dovremmo far crescere il numero di equipaggi italiani nei megayacht. Abbiamo una forte tradizione marinaresca, ma orientata ai ruoli tipici della navigazione mercantile o crocieristica, meno al settore delle grandi navi da diporto”.
Può essere più specifico?
“Il nostro Paese ha una importante rete di porti distribuita su tutto il litorale e i punti di forza sono i suoi attrattori naturali difficili da replicare; se guardiamo a Liguria, Campania, Toscana, Sicilia, Sardegna e non solo, riscontriamo aree servite da marine capaci di accogliere grandi imbarcazioni, ma per trattenere questo segmento dobbiamo fidelizzare gli equipaggi ai porti italiani. Significa orientare la formazione nautica verso ruoli specializzati di nostri comandanti, ufficiali ed equipaggi di grandi yacht. Oggi su questa prospettiva siamo un po’ indietro. Il comandante straniero tende a preferire porti dove esiste una struttura di accoglienza per gli equipaggi — come in Spagna, Malta, Costa Azzurra — con collegamenti aerei, servizi diffusi di manutenzione e ospitalità. In Italia beneficiamo delle bellezze naturali, ma serve aggiungere un ‘software operativo’ più forte: equipaggi, cantieristica e servizi”.
Oltre a questi aspetti, quali altri fattori incidono sulla competitività?
“Aggiungo due punti importanti: flessibilità e fiscalità. La flessibilità riguarda la capacità di adattare il layout dei porti ai cambiamenti delle flotte. Un porto turistico nasce in genere con un disegno per determinate imbarcazioni, ma in un mercato che cambia anche il layout delle marine deve essere in grado di cogliere le variazioni, con un approccio più flessibile nella gestione dei posti barca e quindi dell’offerta”.
E per la fiscalità?
“Il tema fiscale riguarda certamente l’Imu applicata ai porti turistici, gestita in Italia con valori diversi da porto a porto, creando forti distorsioni. I porti commerciali non pagano l’Imu perché sono considerati infrastrutture dello Stato a servizio di traffici d’interesse nazionale ed internazionale. I porti turistici generano un valore economico ed occupazionale parimente importante per il territorio, ma pagano la tassa come se fossero strutture immobiliari e questo si riflette sulle tariffe applicate. Equiparare i porti turistici ai porti commerciali, con l’esenzione dalla tassazione Imu, sarebbe un passo molto importante per renderci più competitivi rispetto a Paesi con fiscalità più bassa. Su questo argomento di interesse generale, strategico per il Paese, andrebbe sensibilizzato il mondo della politica e delle istituzioni”.
In uno scenario così competitivo, come si distingue la vostra offerta di servizi dedicati al mondo superyacht?
“Abbiamo inserito nella nostra denominazione la nostra visione: Marina d’Arechi Salerno Port Village. Il concetto di ‘port village’ significa spostare l’attenzione dall’imbarcazione alla persona: il porto non deve solo garantire un ormeggio sicuro, ma deve essere innanzitutto un luogo di socialità, intrattenimento, ristorazione, sport ed eventi. Nei megayacht l’equipaggio è un fruitore fondamentale, spesso più dell’armatore stesso, e condiziona la scelta del porto. Per questo li coccoliamo: vogliamo essere l’home port di molti megayacht, dove equipaggi e yacht ricevono tutte le cure necessarie. Abbiamo un servizio di concierge H24, con uffici dedicati alle grandi imbarcazioni, separati dagli uffici principali, per assistere equipaggi, armatori e ospiti con lo stesso approccio di un resort o di un hotel di alta gamma”.
Il vostro è un porto realizzato con fondi privati e il Gruppo Gallozzi continua a sostenerlo. Ha ancora senso investire in Italia in strutture turistiche complesse di questo tipo?
“Sì, perché l’Italia ha coste straordinarie e attrattori naturali che il turismo nautico internazionale apprezza. La nautica da diporto è turismo internazionale a tutti gli effetti; il turismo e l’industria manifatturiera, assieme, costituiscono l’asse portante dello sviluppo economico del nostro paese. E il settore nautico riesce a combinare proprio questi due settori strategici, industria (cantieristica) e turismo, con artigianato e servizi di qualità. Marina d’Arechi ha un capitale sociale di 36 milioni di euro e investimenti per circa 100 milioni: lo abbiamo fatto ed è fattibile, senza alcun contributo pubblico a fondo perduto. Credo che infrastrutture come queste possano e debbano essere realizzate dai privati, con risorse private. Lo Stato deve essere impegnato a creare le condizioni che motivano e sostengono l’investimento: norme chiare, tempi certi, meno sovrapposizioni di competenze e una fiscalità omogenea. Realizzare un porto è complesso, ma possibile se il quadro normativo è favorevole. Il privato deve investire, lo Stato deve garantire condizioni stabili e uguali per tutti”.
Come rispondete alle esigenze di sostenibilità?
“La sostenibilità è un totem per Marina d’Arechi. Operiamo sull’ambiente, che è il nostro asset principale ed è un asset fondamentale per la nostra sopravvivenza. Siamo Bandiera Blu da undici anni consecutivi. Produciamo acqua potabile dal mare con impianti di potabilizzazione, gestiamo il ciclo dei rifiuti con raccolta differenziata spinta e un servizio di conferimento capillare. Abbiamo 6 megawatt di potenza elettrica disponibili, tre cabine di trasformazione, colonnine da 400 e da 600 ampere, così tutte le imbarcazioni possono spegnere i motori e utilizzare il cold ironing. Il mercato delle imbarcazioni a propulsione elettrica non è ancora maturo, ma noi siamo già pronti a fornire energia. Quando arriverà, soprattutto per la navigazione sotto costa, saremo in grado di supportarlo”.
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Il prossimo 2 dicembre SUPER YACHT 24 organizza a Genova il 1° Sailing Super Yacht Forum




