La Maddalena in crisi: il turismo nautico di lusso e l’allarme per un patrimonio a rischio
L’appello dei vertici del Parco Nazionale a risolvere i problemi gestionali, ma anche a tutto il comparto degli yacht e superyacht per un concreto rispetto dell’ambiente

Il Parco Nazionale de La Maddalena lancia un grido d’allarme per l’invasione incontrollata di imbarcazioni che sta devastando un ecosistema unico, ponendo il settore dei superyacht di fronte a un’importante riflessione sulla propria responsabilità e immagine.
Un tempo paradiso incontaminato, L’Arcipelago de La Maddalena sta diventando il simbolo di una crisi ambientale e gestionale che interpella direttamente il turismo nautico di fascia alta. La denuncia, come riporta il corriere.it arriva direttamente dai vertici del Parco Nazionale, che segnalano un’invasione di natanti con conseguenze drammatiche su fondali e spiagge. Al centro del problema ci sono un sistema di regole e sanzioni inadeguato e un’incoerenza istituzionale che rende quasi impossibile la tutela di un patrimonio naturale inestimabile.
Mentre l’Europa adotta misure severe per proteggere i suoi tesori marini, l’Italia sembra procedere in un’altra direzione. Il corriere.it mette a confronto due casi per dare l’idea: la giustizia francese ha inflitto una sanzione di quasi 100.000 euro a un catamarano per aver ancorato su una prateria di posidonia nel Parc National des Calanques, mentre – come rivela Giulio Plastina, direttore del Parco – una violazione simile a La Maddalena verrebbe sanzionata con appena 51 euro: una cifra, che definisce, “ridicola” se paragonata alla portata del danno e al valore delle imbarcazioni che frequentano l’area. Questa differenza nelle sanzioni crea un vuoto legale che incoraggia la violazione delle regole e mette a rischio un ecosistema marino vitale.
La crisi del Parco Nazionale non è solo il risultato di comportamenti irresponsabili, ma anche di una profonda debolezza strutturale. Nonostante l’immenso valore ambientale del parco che si estende su oltre 20.000 ettari tra terra e mare e ospita specie protette come il Falco di palude, l’ente si trova a operare con le mani legate. I dipendenti non hanno l’autorità per infliggere multe e possono solo segnalare le violazioni ad altri enti già sovraccaricati di lavoro, come Capitaneria di Porto e Forestali. Come sottolineato dal direttore Giulio Plastina, il Parco ha in cassa 20 milioni di euro pronti per essere investiti, ma è paralizzato dalla mancanza di autonomia gestionale, dovuta alla mancata nomina di un Consiglio di Amministrazione. Questa burocrazia rende inefficace ogni tentativo di intervento, costringendo il Parco a ricorrere a convenzioni che costano il 40% di più. Un’incapacità di agire che lascia il territorio vulnerabile di fronte a enormi interessi economici e a una pressione sulle acque del Parco, frequentate ogni anno da circa 30.000 imbarcazioni, insostenibile.
La mancanza di autonomia gestionale e di personale rende i controlli quasi impossibili, lasciando le spiagge più delicate in balia di un “turismo implosivo e ingestibile”, come lo definisce la presidente del Parco, Rosanna Giudice. La stessa denuncia, con grande frustrazione, la perdita progressiva di sabbia nelle spiagge più famose e la devastazione di habitat naturali. A questa situazione si aggiunge l’evasione, stimata dalla presidente fino al 35%, della tassa di accesso al Parco, con una perdita di entrate che superano i 700.000 euro annui. Fondi che, se recuperati, potrebbero essere utilizzati per l’assunzione di personale e per rafforzare le attività di sorveglianza e protezione.
La questione che emerge, contemporaneamente a quella gestionale, riguarda il ruolo degli armatori e operatori di superyacht nella conservazione di luoghi come La Maddalena. La natura esclusiva di queste imbarcazioni, spesso associata a un’immagine di eleganza e sostenibilità, si scontra con una realtà dove l’incuria e le sanzioni irrisorie minacciano uno dei mari più belli del mondo. Navigare in un’area marina protetta non è solo una straordinaria esperienza estetica, ma soprattutto un atto che richiede consapevolezza e rispetto. La tutela di questo paradiso è un dovere condiviso, ed è giunto il momento che il settore della nautica di lusso nel suo complesso, che sappiamo essere molto impegnato nella sostenibilità, si faccia realmente promotore di un cambio di mentalità, dimostrando che l’eccellenza in mare si misura nel pieno rispetto dell’ambiente che si attraversa, non solo nelle performance e nel comfort.
C.G.
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