Capt. Carniglia: “Anche il tender di un superyacht deve riflettere la visione del suo armatore”
Intervista a Gabriele Carniglia, master del m/y RJ, un Cantiere delle Marche lungo 48 metri, seguito dalla chaseboat m/y Follow Me, un Novamarine BS140, e da un tender scout Castoldi 17 Cargo

Questo servizio è stato pubblicato per la prima volta nel numero 3-2025 del supplemento Yacht Upstream disponibile a questo link
I tender non sono più semplici mezzi di trasferimento, ma vere e proprie estensioni dello yacht, sia in termini di design che di dotazioni. Tra vincoli tecnici, esigenze di comfort e richieste estetiche, la loro scelta richiede oggi una visione d’insieme che coinvolge comandante, armatore e costruttori. Per capire come avviene questo processo, abbiamo intervistato il comandante Gabriele Carniglia, oggi al comando di RJ, explorer yacht Cantiere delle Marche lungo 48 metri. A seguire una rassegna dei principali modelli oggi disponibili sul mercato.
Comandante qual è la filosofia generale nella scelta del tender per un superyacht come il suo?
“È la stessa che ha il proprietario come visione di utilizzo dello yacht. Noi abbiamo voluto un explorer fatto per navigare per lunghi periodi e in giro per il mondo, senza particolari problematiche di sosta. Di conseguenza, anche i nostri tender devono avere delle caratteristiche tali da poter supportare questa esigenza. Nello specifico abbiamo un Castoldi 17 Cargo per trasportare persone e carico, come ad esempio biciclette, canoe, i rifiuti a terra, l’approvvigionamento di materiali e alimenti, mentre la chaseboat è un Novamarine 140, scelta per le sue valide caratteristiche di navigazione ma anche di autonomia, fino a 450 miglia, che non sono comuni per una barca di queste dimensioni. Nel suo insieme è accattivante nelle linee, asciutto, protetto. Inoltre, ha buone performance di velocità e permette di coprire distanze quasi a tre volte tanto la velocità della barca grande. Il tender deve essere un miglioramento dal punto di vista del comfort percepito ma anche della sicurezza: pensiamo al caso di qualcuno che ha un malore, un infortunio a bordo: posso raggiungere il primo pronto soccorso disponibile in tempi brevi”.
Quanto conta il parere del comandante rispetto a quello dell’armatore?
“Nel nostro caso c’è stata una forte collaborazione, anche perché sono ormai 16 anni che lavoriamo insieme, abbiamo navigato tanto, costruito tanti yacht e avuto esperienza con diverse imbarcazioni e modi di vivere la barca insieme. Fattori che ci hanno portato a strutturare una visione comune e un rapporto di fiducia reciproca, dove io sono il suo punto di riferimento dal punto di vista tecnico. Quindi presento delle alternative, secondo me interessanti per il nostro utilizzo, poi l’armatore con la moglie fanno le loro considerazioni finali, quanto meno estetiche, perché anche quello è importante a questo livello di dettaglio. È una collaborazione stretta tra armatore e comandante. Nella scelta si guarda anche l’immagine e la funzionalità che deve trasmettere, se abbiamo un explorer sarà un tender più avventuroso, se abbiamo delle linee più eleganti sarà magari un Riva Aquarama”.
Il tender deve essere quasi la riproduzione in miniatura dello yacht o si guarda più alla funzionalità che all’immagine?
“Secondo me sono legate tra loro, ma è necessario che ci sia un fil rouge, dato che i gusti sono personali. Nel nostro caso abbiamo cercato di uniformare i colori per identificare la flotta di cui fanno parte, mi piace l’idea che i tender siano tutti collegati alla nave madre anche nei colori dei cuscini, nei colori primari della verniciatura e nel design. Abbiamo scelto qualcosa che non fosse troppo estremo, il nostro yacht ha caratteristiche da explorer puro ma in realtà ha delle linee eleganti. Abbiamo cercato tender che esprimessero forza, carattere ma anche eleganza”.
Quali sono le innovazioni più interessanti che ha visto di recente nel settore dei tender?
“Per i tender forse meno innovazioni, dato che le caratteristiche fondamentali, da tanti anni, sono quelle di dover essere pronti ad essere stivati e movimentati a bordo, in spazi angusti, avere buone prestazioni. Le chaseboat, invece, negli ultimi anni hanno avuto una grandissima espansione. Dai primissimi wallytender, che Wally presentò sul mercato all’inizio dei primi anni del 2000 in poi, c’è stata una crescita esponenziale anche con modelli ibridi e elettrici. Però sicuramente c’è un’attenzione in più sia da parte del mercato sia dei costruttori”.
Il tema della sostenibilità sta influenzando anche le richieste per i tender?
“È un tema che piace all’idea, ma il concetto è sempre relativo a quanto budget deve essere investito da parte dell’armatore: quando si parla di nuove tecnologie, cosiddette green, va messa anche a budget una sensibile quantità di denaro, dato che un pacco batterie o una nuova tecnologia inerente a questo aspetto ha un costo che va oltre quello della propulsione tradizionale. Secondo me, gli stessi cantieri stanno iniziando adesso ad affrontare questo tipo di tecnologie, quindi io, dal mio punto di vista, non lo riterrei ancora maturo per investirci. Se invece l’armatore è propenso si butta il cuore oltre all’ostacolo e si dà una mano alla tecnologia a crescere, dato che in questo momento tutti i feedback sono importanti per portare a casa il miglior risultato possibile. Siamo ancora in una fase di transizione”.
Quali sono i principali requisiti tecnici?
“Dimensioni e peso sono i più importanti, seguiti da autonomia, motorizzazione e capacità di navigare con meteo avverso in condizioni di comfort per gli ospiti. Vengono fatti calcoli in base al garage dal punto di vista tecnico, così avviene la prima scrematura. Poi si guarda alle caratteristiche di navigazione. A prescindere dall’utilizzo giornaliero, dove magari si usa il tender per il traino di water toys o per gestire la giornata al mare, abbiamo anche il momento in cui dobbiamo sbarcare degli ospiti vestiti con l’abito da sera per andare a cena o a un party. La protezione dall’acqua di mare e dal vento è fondamentale. Ci sono inoltre le problematiche di stivaggio e movimentazione con le gru, i carri ponte, l’accessibilità ai garage ecc. Va tenuto conto di tutte queste situazioni, anche perché si fa sempre a gara a cercare di mettere nello spazio più angusto il tender più grande possibile. Si cerca sempre di arrivare a un compromesso; è importante collaborare fin da subito con il team dell’armatore, il cantiere che deve fornire tutte le caratteristiche di stivaggio e movimentazione e il cantiere costruttore del tender, perché è un concerto, è una parte delicata che va gestita tra le parti”.
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