In Francia proposta per Iva al 33% sulle imbarcazioni da diporto
Il progetto della sinistra estrema mira ad aumentare la tassa su una serie di beni definiti di lusso tra cui yacht, imbarcazioni a vela e barche a motore con potenza superiore a 20 cavalli
Un emendamento parlamentare (n°1-2259) depositato il 18 ottobre dai deputati del partito di estrema sinistra La France insoumise – Nouveau Front populaire, nell’ambito del progetto di legge finanziaria 2025, ha sollevato un allarme rosso nel settore nautico francese. La proposta mira infatti a innalzare l’aliquota dell’Iva al 33% su una serie di beni definiti “di lusso”. Tra gli articoli interessati figurano anche yacht, imbarcazioni a vela e barche a motore con potenza superiore a 20 cavalli. Gli autori sostengono di voler promuovere una ‘fiscalità più giusta’ in cui i beni di lusso contribuiscano maggiormente allo sforzo collettivo.
Al riguardo la rivista francese ActuNautique.com ha criticato l’iniziativa, definendola una misura punitiva che rischierebbe di distruggere il primo mercato europeo del diporto. Secondo la testata, applicare tale logica al settore della nautica da diporto si basa su un ‘gigantesco controsenso economico’. L’Iva non è un’imposta progressiva, e portarla al 33% equivarrebbe a tassare allo stesso modo chi acquista un’imbarcazione a vela usata da 25.000 euro e il proprietario di uno yacht multimilionario. Si sottolinea che la maggioranza delle imbarcazioni da diporto ha una lunghezza inferiore agli 8 metri, e che assimilare l’intera filiera al lusso non è giustizia sociale ma ignoranza della realtà sociale ed economica di un settore industriale e popolare.
La rivista spiega che l’ecosistema produttivo francese è solido ed è il primo mercato nautico d’Europa. Il settore genera circa 5 miliardi di euro di fatturato e supporta più di 50.000 posti di lavoro diretti e indiretti, concentrati nelle regioni costiere. L’effetto principale dell’Iva maggiorata sarebbe brutale e immediato: una distruzione immediata della domanda interna in un contesto congiunturale già mediocre. Le conseguenze sarebbero l’arresto delle vendite, i fallimenti dei cantieri e una perdita di posti di lavoro massiccia. Gli acquirenti francesi sarebbero spinti a ritardare o delocalizzare i loro acquisti all’estero. Questo crollo del mercato del nuovo si ripercuoterebbe su tutta la filiera. Meno vendite significherebbero meno manutenzione, meno riparazioni, meno scali nei porti turistici e un impatto diretto sull’economia del turismo litoraneo.
Inoltre, la ricetta fiscale attesa rischia di ritorcersi contro lo Stato. L’aumento dell’aliquota farebbe meccanicamente crollare i volumi tassabili, mentre i consumatori aggirerebbero la misura acquistando o immatricolando all’estero, portando a una perdita sia di posti di lavoro sia di entrate fiscali per la Francia. Una situazione che anche l’Italia ha purtroppo vissuto nel 2012 con l’introduzione della tassa di stazionamento introdotta dal governo Monti. La tassa non portò alcun beneficio e generò una crisi molto forte del settore. Nonostante le preoccupazioni, l’attuazione di tale misura è ritenuta improbabile grazie all’Europa. L’Unione Europea, infatti, regola in modo molto rigoroso le aliquote Iva, e superare il tasso massimo del 25% richiederebbe l’accordo unanime di tutti i paesi partner.
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