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Marie Pinto (Bluxy): dal fornitore al design integrato; quando il lusso è anzitutto funzionale

La sfida dell’usabilità e le nuove dinamiche di spesa nel mercato dei superyacht

di Cinzia Garofoli
20 Ottobre 2025
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Copia di BLUXY 15

Bluxy, marchio genovese registrato nel 2020, ha rapidamente evoluto il suo core business, passando dal ruolo di fornitore di accessori nel charter a quello di punto di riferimento per i refit interni di superyacht. L’espansione, guidata dalla titolare Marie Pinto, ha portato l’azienda, che opera presso i maggiori cantieri tra Liguria e Toscana su commessa diretta di armatori e società di management, a distinguersi per un approccio al design che unisce estetica, usabilità e rigore tecnico.
Abbiamo incontrato Marie Pinto nel suo studio per discutere l’evoluzione di Bluxy, la sfida del Made in Italy contro i competitor nordici e le nuove dinamiche di spesa nell’alta nautica.

Marie Pinto, Bluxy è un marchio relativamente giovane. Qual è l’origine della vostra attività e cosa l’ha spinta a entrare nel complesso mondo dello yachting di lusso?

“La mia attività, che si svolgeva nel mondo degli eventi, si è poi sviluppata nello yachting casualmente, ricevendo la commissione di eventi per comandanti e società del settore. Mi sono presto resa conto che, nonostante nell’area ligure-toscana la cantieristica della nautica da diporto fosse estremamente sviluppata, a livello ligure nel mercato c’era un gap significativo per quanto riguardava la fornitura di interni, soprattutto per le barche importanti che operavano in charter; barche che necessitavano di supporto per biancheria, pellami, moquette e uniformi. Su queste premesse è nata l’iniziativa di sviluppare l’offerta di forniture, che si è dimostrata vincente. Abbiamo iniziato come ditta individuale nel 2016, e nel 2020, grazie solo al passaparola, abbiamo creato e registrato il marchio Bluxy. Oggi siamo un punto di riferimento anche in Toscana, dove, nonostante i tanti competitor, operiamo con marchi prestigiosi tra i quali Nca Refit (Tisg), Lusben, Seven Stars.”

Come si è evoluto il vostro ruolo, da fornitori di accessori a studio di design integrato per refit, e quali sono state le ragioni di questa trasformazione?

“Inizialmente lavoravamo come supporto ai cantieri, in termini di materiali o accessori, appoggiandoci a designer esterni per completare il lavoro dell’architetto navale. Il nostro salto di qualità è stato dettato dal fatto che i cantieri, da tempo pieni di commesse, tendono a concentrarsi esclusivamente sull’aspetto tecnico, richiedendo alle aziende esterne un supporto organico e integrato. Per rispondere a questa esigenza, da circa tre anni abbiamo aperto una divisione dedicata ai refit con personale interno specializzato nella progettazione ad hoc. Abbiamo così esteso la nostra produzione dalla biancheria e spugne al pellame, consolidando la nostra direzione verso il design integrato. Questo ha permesso a Bluxy di diventare completamente indipendente. Gestire la progettazione internamente ci dà tempi di risposta molto più veloci: riusciamo a fornire sketches e concept quasi in tempo reale, trasformando i desideri degli armatori in render 3D. Per garantire la massima competenza tecnica, abbiamo integrato nel team figure specializzate, come un’architetta formata specificamente in yacht design. Oggi in azienda siamo sei persone che insieme riescono ad offrire un servizio completo.”

Il refit completo di interni è un’area molto competitiva. Quali progetti speciali avete realizzato di recente?

“Ci stiamo spostando sempre più su grandi imbarcazioni. Abbiamo lavorato sul m/y Papa, un Amels Yacht di 55 metri sul quale abbiamo dovuto rifare totalmente il layout dei saloni e del sun deck perché l’armatore aveva necessità di migliorare l’usabilità. Su questo superyacht ci siamo occupati completamente del disegno affrontando la sfida di un tempo ristretto: due mesi e mezzo dalla fase di progettazione alla realizzazione finale, con tanto di produzione degli elementi fino alle finiture a bordo nel montaggio. Un altro yacht importante su cui abbiamo lavorato è il m/y Alfa, un Benetti di 70 metri, dove abbiamo curato tutto il decor custom: biancheria, accappatoi, spugne e cuscini decorativi. Poi sul m/y Go, un Oceanco di 90 metri, ed altri, tra i quali il Nafisa, un 50 metri di Schweersche del 1986 che appartiene ad un armatore arabo con il quale lavoriamo da 5 anni al refit interno, per step, di tutta la barca.”

Qual è il vostro vantaggio competitivo rispetto ai grandi studi di design navale?

“I nostri clienti ci dicono che il nostro occhio è più concreto. Molto spesso i grandi studi di design creano interni meravigliosi, ma poi l’armatore o il charterist riscontrano una mancanza di funzionalità e usabilità.
Quando lavoriamo a un refit la nostra priorità, oltre all’estetica, è proprio l’usabilità. Ad esempio, quando progettiamo un divano custom, inseriamo sempre gli storage interni, cosa che i grandi designer o le grandi aziende spesso non fanno. Queste piccole attenzioni sono molto apprezzate dall’equipaggio e dal comandante, che poi gestiscono lo yacht nel quotidiano. Inoltre, la nostra manifattura italiana fa la differenza nei dettagli, come ci ha detto anche un’armatrice russa di un Isa Yachts di 55 metri, il Forever You, che ci ha commissionato la realizzazione di un raffinato tavolo da gioco custom che doveva avere la fresatura della gamba e della struttura identiche al mobilio esistente.”

Quali sono i trend di design che riscontrate nella vostra clientela internazionale? E come si confronta l’artigianato italiano con i competitor stranieri?

“La nostra clientela è prevalentemente internazionale. Per gli armatori stranieri, il fascino del Made in Italy è ancora spendibile e funziona molto. Tuttavia, la tendenza del design è verso uno stile elegante, raffinato, ma sempre più ‘semplice’. Questo perché quasi tutte le barche, anche quelle nate come private, vengono ormai charterizzate; gli armatori sono quindi costretti a uno stile neutro che possa incontrare il gusto di una clientela proveniente dalle più diverse culture e abitudini. Questo ci porta a lavorare molto con colori neutri, tonalità light e materiali durevoli, nell’ottica di una tendenza all’essenziale e al pratico-funzionale che ci porta a guardare molto ai paesi nordici, che in questo aspetto sono all’avanguardia. Ma anche qui, quando si tratta della manifattura, la nostra eccellenza italiana nel dettaglio, nella lavorazione dei legni (scanalati, laccati) e del cuoio rimane superiore.”

La durabilità è legata anche alla sicurezza. Come affrontate l’esigenza di materiali ignifughi e resistenti?

“La resistenza e la durabilità sono parametri fondamentali, data l’intensità di utilizzo a cui sono sottoposte le imbarcazioni in charter. Per questo motivo, oggi impieghiamo esclusivamente materiali ignifughi che, grazie agli avanzamenti tecnologici, sono ora morbidi e gradevoli al tatto, superando la rigidità tipica del passato.

La tendenza si orienta verso l’uso di sintetici e lana lavabile per moquette e tessuti da esterno che, pur mantenendo un’estetica da interni, sono anti-macchia e anti-muffa. Laddove un materiale non sia intrinsecamente ignifugo, applichiamo trattamenti specifici, poiché tale caratteristica è obbligatoria per l’impiego di questi prodotti sulle barche commerciali.”

Siete entrati nel mercato attraverso le uniformi, un canale privilegiato dato che il budget dell’equipaggio è indipendente. Quali cambiamenti avete notato nei budget e nel processo decisionale?

“Negli anni, il panorama è radicalmente mutato. La parte relativa ai budget degli equipaggi è diventata la meno interessante a livello di margini. Mentre inizialmente i budget erano molto più consistenti, oggi i clienti chiedono sistematicamente tre o quattro preventivi. Persino la clientela abituale ci chiede di abbassare i prezzi, in quanto la tendenza è quella di ottimizzare qualsiasi tipo di costo.
Questo cambiamento si è sentito decisamente con l’avvento delle società di management, il cui compito è cercare di ridurre molto le richieste del fornitore a vantaggio del budget dato dall’armatore. Il risultato è un vero e proprio abbassamento del livello generale di spesa e quindi anche del livello qualitativo. Curiosamente, i clienti provenienti dal Medio Oriente e dalla Russia, un tempo indifferenti al costo, sono ora estremamente attenti al prezzo e agiscono tramite una miriade di intermediari. Al contrario, i clienti più facili e alto spendenti per noi restano gli americani e i tedeschi.”

Quali sono i progetti futuri di Bluxy? State lavorando per introdurre il prossimo accessorio “necessario” nel settore?

“Assolutamente. La mia sfida è identificare un accessorio che attualmente manca, ma la cui utilità sia fondamentale per semplificare l’esperienza quotidiana del charter. Stiamo conducendo molte interviste tra clienti e manager per raggiungere un obiettivo preciso: creare un prodotto che farà dire a tutti: ‘Questo è assolutamente necessario ed è proprio ciò che mancava sul mercato.’”.

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