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Zangrandi (Vulkan Italia): “Crescita importante di propulsioni ibride nella gamma 20-60 metri”

Per il team leader Hybrid and Electric Solutions di Vulkan la richiesta di propulsione ibrida nel settore diporto è in aumento. In arrivo una gamma di soluzioni dedicate chiavi in mano

di Alberto Mariotti
21 Agosto 2025
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Questo servizio è stato pubblicato per la prima volta nel numero 3-2025 del supplemento Yacht Upstream disponibile a questo link

 

Con sei stabilimenti di produzione, 50 società di vendita e circa 1.600 dipendenti in più di 18 sedi in tutto il mondo, il Gruppo Vulkan è uno dei leader tecnologici e di mercato nel campo della tecnologia marina, industriale ed energetica. Dal 2021 Vulkan è entrato nel mercato dell’ingegnerizzazione e della fornitura di sistemi di propulsione ibridi ed elettrici anche se, come racconta Matteo Zangrandi – team leader Hybrid and Electric Solutions di Vulkan Italia a SUPER YACHT 24 “L’azienda si occupa di ibrido già da una decina d’anni: a partire dal 2015 supportava gli integratori di sistemi nella fornitura di un pacchetto propulsivo ibrido attraverso la progettazione meccanica della trasmissione che, specialmente nel mondo marino, si apre a tante configurazioni diverse”.

Quali tendenze vede al momento?

“Parlando di taglie dai 20 ai 50/60 metri vedo una crescita importante della richiesta di soluzioni ibride parallele, ovvero con la macchina elettrica inserita sulla linea d’asse per contribuire alla propulsione assieme al motore endotermico. Nella gamma oltre i 70 metri la maggior parte degli yacht sono dotati di propulsori azimutali e quindi sono già imbarcazioni diesel-elettriche in stile nave da crociera”.

Avete novità in arrivo?

“Senza trascurare il settore superyacht e commerciale nel quale siamo specializzati, stiamo sviluppando una gamma modulare di prodotti compatti e leggeri. Si tratta di moduli ibridi da installare sul volano di un ampio spettro di motori endotermici che possono rendere ibrida un’imbarcazione nuova o in retrofit. È un sistema ‘chiavi in mano’ compatto e pensato per ridurre il più possibile i pesi, anche se un impianto ibrido comporta sempre dei pesi aggiuntivi rispetto a uno diesel tradizionale. Il modulo è completato con la parte di distribuzione elettrica, conversione e stoccaggio dell’energia tramite batterie e sistemi di controllo”.

Come procede l’evoluzione delle batterie?

“Le batterie rappresentano spesso il 50% del peso aggiuntivo, se non di più, del sistema ibrido e si avvicinano al 50% del suo valore economico. Lo yachting prende tanto dall’automotive, perché non fa abbastanza volumi per consentire dei propri sviluppi tecnologici. D’altro canto il business è cresciuto e oggi trovare batterie per fare stoccaggio in alta tensione non è un problema, esistono tecnologie consolidate, come le batterie Lfp e Nmc.  Nonostante ciò, sono l’anello debole, manca ancora una tecnologia di stoccaggio che consenta di avere densità di potenza ed energia sensate per riuscire a sostituire i combustibili fossili. Esistono nuove tecnologie interessanti, come le batterie allo stato solido e supercapacitor, ma sono in fase di certificazione e non sono state ancora testate a bordo”.

Esiste un tema di sicurezza legato alle batterie e agli incendi?

“Sì, ma le batterie al litio sono molto sicure, specialmente quelle approvate per il settore marino; devono passare test a livello di sicurezza antincendio molto più stringenti di quelle automotive. Anche gli installatori seguono delle buone pratiche che consentono una sicurezza estrema. Per il progetto del retrofit del primo vaporetto di Actv a Venezia abbiamo sviluppato un modulo LFP ad hoc e conseguito la certificazione di tipo con il Rina, in seguito abbiamo testato alcuni campioni in laboratorio al fine di indurre il thermal runaway, la condizione di perdita di controllo termico della batteria, per testare il sistema antincendio ad allagamento. I moduli sono installati in cassoni stagni e resistenti al fuoco per 60 minuti che possono essere allagati con acqua di mare. Oltre alle fiamme, il problema delle batterie al litio è l’enorme calore generato dal thermal runaway, un modo efficace per dissiparlo è l’allagamento. Un sistema già usato a bordo degli yacht e che si sta dimostrando estremamente sicuro”.

Quali sono gli ostacoli a una diffusione maggiore dell’ibrido? 

“A seconda del tipo applicazione esistono più soluzioni alternative al motore endotermico da studiare caso per caso, questo rende difficile un’economia di scala con conseguente aumento dei costi rispetto a un tradizionale sistema propulsivo. L’ibrido nello yachting deve ancora trovare un suo significato profondo; in altre applicazioni come il commerciale e il trasporto passeggeri, ambiti dove c’è un’attenzione maggiore alle emissioni, si riescono a trovare fondi e finanziamenti pubblici per installare sistemi ibridi. Nello yachting è invece tutto demandato alla passione dell’armatore e alla sua volontà di avere un sistema più tecnologico e sostenibile rispetto a quello tradizionale. Inoltre, per barche veloci che devono navigare oltre i 25 nodi, la soluzione ibrida non è ancora all’altezza delle prestazioni”.

Cosa pensa delle altre tecnologie come idrogeno e metanolo?

“A seconda del tipo di barca e di applicazione esistono tecnologie diverse e l’abilità è capire quali sono veramente efficaci e quando. Il problema è come gestire a bordo il vettore energetico. Ci si sta lavorando ed esistono diverse soluzioni, ma per sostituire il combustibile fossile si dovrà trovare il giusto mix di vettori, che devono essere disponibili nei porti e a prezzi sensati”.

Cosa cerca chi chiede l’ibrido?

“Oltre all’appeal di uno yacht dotato di un sistema propulsivo innovativo, avere una buona base di stoccaggio di energia a bordo consente di alimentare i servizi hotel senza utilizzare generatori per lunghi periodi e di navigare in full electric, un’esperienza piacevole per chi è abituato, anche ai bassi regimi, a sentire la vibrazione dei motori endotermici. Infine tutta l’imbarcazione è più ottimizzata intorno al sistema propulsivo”.

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