Calcaterra e de Vivo (Wosa): “Unire le forze per non perdere competitività”
Per il fondatore del cantiere e il nuovo socio gli italiani dovrebbero collaborare e portare più lavoro sul nostro territorio per non perdere la sfida con le società estere. Servono inoltre più spazi e investimenti in infrastrutture

Fondata da Filippo Calcaterra nel 2010, Wosa Yacht Refit – Survey è una società internazionale leader nel settore dello yacht refit e delle perizie nautiche. Con sedi in Italia, Inghilterra, Spagna e Monaco (per il survey). Di recente è entrato a far parte della società Stefano de Vivo, ex cco di Gruppo Ferretti, come socio paritario e con il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione. De Vivo è entrato anche come socio di Wosa Surveys, con sede a Monaco, affiancando ancora una volta Filippo Calcaterra e Brandon Rundquist, direttore della divisione Surveys. Filippo Calcaterra e Stefano de Vivo raccontano a SUPER YACHT 24 la loro avventura nel mondo del refit.
Wosa Refit è relativamente giovane, come è stata la crescita?
Filippo Calcaterra: “Ho fondato la società nel 2010 dopo le mie esperienze nei servizi post vendita dei principali cantieri italiani. Il primo yacht su cui abbiamo lavorato è stato un Pershing 115 con due idrogetti e turbina centrale, un lavoro interessante che ci ha permesso di costruire un ottimo rapporto con comandante ed equipaggio e continuare a lavorare con lo stesso team quando l’armatore ha cambiato yacht. Da quel momento siamo cresciuti con un ritmo costante”.
Sig. De Vivo, dopo l’uscita dal Gruppo Ferretti perché ha deciso di investire nel refit e in Wosa?
Stefano De Vivo: “Nel patto di non concorrenza che avevo firmato qualche anno prima avevo escluso la parte di servizi e refit, un settore in cui ho sempre creduto molto. Inoltre, insieme ai soci del mio family office eravamo in cerca di un investimento con un orizzonte temporale maggiore dei classici 4/5 anni e quindi ho iniziato a guardare al mondo del refit escludendo realtà troppo grandi. Ho incontrato Filippo Calcaterra che già conoscevo dalla mia precedente esperienza in Benetti, cercava un general manager mentre io volevo investire e Wosa era pronta per il ‘next step’ e rinforzarsi nel settore del refit e delle perizie. In un paio di mesi abbiamo trovato un accordo e penso che sia per entrambi una crescita importante”.
Wosa è un’azienda italiana?
SdV: “Per come si è sviluppato il business oggi Wosa ha quattro società: in Spagna, Italia, Monaco e Inghilterra. È un’azienda europea con un forte cuore italiano”.
Quali sono i punti di forza del refit italiano?
FC: “Le maestranze e la nostra capacità nel ‘colpo di mano’. La flessibilità degli italiani di modificare e adattarsi al programma di lavoro è unica. Siamo stati capaci di consegnare un 52 metri in appena 6 mesi con oltre 80 subappaltatori coinvolti, sei falegnamerie al lavoro coordinate da tre project manager ognuno dei quali seguiva determinate aree dello yacht. Solo in Italia potevamo riuscire in una missione del genere e questo grazie alla concentrazione unica al mondo di persone e aziende del nostro territorio, soprattutto quello compreso tra La Spezia, Viareggio e Livorno”.
Cosa serve per non perdere competitività?
FC: “Con Stefano siamo d’accordo che dovremmo smettere di farci la guerra l’uno con e concentrarci invece a dirottare da noi il lavoro di spagnoli, francesi e olandesi: non abbiamo nulla da invidiare e siamo capaci a dare qualità a prezzi più competitivi”.
SdV: “Mi ricollego a quanto detto da Filippo, noi abbiamo le associazioni ma per come siamo fatti non ci associamo veramente, siamo il Paese del campanilismo e siamo ancora molto indietro quanto a spazi e strutture alle spalle. Basta guardare cosa ha fatto Palma di Maiorca, in Spagna: un posto che vive 8/9 mesi all’anno e con un aeroporto che in Italia sarebbe il quarto per traffico. Pochi cantieri riescono a offrire alloggi per gli equipaggi e avere infrastrutture del genere vuol dire avere spazi a disposizione. Sappiamo bene quanto sia difficile in Italia riuscire a metterli insieme ma serve andare avanti per creare un tessuto di alto livello che poi porta ricchezza alla città”.
Quali sono i segreti di un refit di successo?
SdV: “Rispondo da armatore: rispetto dei tempi e qualità. La stagione è una e a nessuno piace perderla per un ritardo. Qualità non vuol dire che non si rompa qualcosa, ma avere alle spalle un’azienda sana e seria che dà garanzie e risolve i problemi con il sorriso. Il suo slogan, Italian skills, British efficiency, rende bene l’idea. Poi può sempre accadere di andare lunghi, ma il problema deve essere dovuto ad aspetti che non potevi prevedere”.
FC: “Instaurare un rapporto collaborativo tra cantiere e staff dell’armatore è importante, riduce lo stress e permette di risparmiare tempo”.
Su quali strutture potete contare?
FC: “Abbiamo un capannone di 3.000 mq a Viareggio dove possiamo lavorare su yacht fino a circa 35 metri di lunghezza e soprattutto sui tender, che spesso vengono lasciati sui piazzali coperti solo da un telo. Il nostro modello di business non prevede oggi un cantiere di proprietà e per yacht di dimensioni maggiori, dai 60 metri in su – che rappresentano la nostra taglia media – ci appoggiamo a strutture esterne affittando lo spazio per eseguire il refit limitando la scelta a Italia, Spagna e Francia”.
SdV: “Abbiamo inoltre un ufficio con sei postazioni a Livorno, la nostra sede italiana a Viareggio con quindici postazioni e due sale riunioni, oltre ad una terrazza per organizzare attività ricettive con equipaggi e esperti del settore nautico, e infine la possibilità di crescere in Darsena dove abbiamo preso un terreno sul quale costruire un nuovo capannone per il refit”.
Che ruolo hanno i player esterni a cui vi appoggiate?
FC: “L’interazione è minima e si limita solo alla movimentazione dello yacht in entrata e uscita. Il resto viene gestito al 100% da noi: piano di sicurezza, appaltatori, project management e tutto il necessario per il refit. Siamo un cantiere all’interno del cantiere”.
Quali sono i prossimi obbiettivi?
SdV: “Il piano che abbiamo scritto prevede di costruire la parte amministrativa, gestionale e di controllo della società per poter crescere grazie anche alle mie conoscenze e al business che posso portare, oltre a quello che già genera Filippo con l’ottimo lavoro svolto fino ad oggi. All’estero ci sono cantieri che fatturano 200 milioni, altri 120, in Italia abbiamo due grandi realtà sui 50 milioni e il resto sono una miriade di cantieri sotto ai 30 milioni di euro di fatturato, un settore quindi frammentato in cui vedo un grande spazio per crescere sia sul refit, sia nella parte survey”.
E gli investimenti?
SdV: “A breve avremo un’area maggiore a Viareggio e stiamo lavorando per assicurarci più spazi, sia in Italia sia all’estero per avere delle basi fisse e aumentare il numero di refit. È l’unico modo per attirare con regolarità yacht sempre più grandi e programmare più facilmente. Vogliamo crescere in modo corretto, non per il gusto di farlo”.
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