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Yacht

“Barbara 1923” di Camper & Nicholsons: un secolo di vela, un equipaggio al femminile e passione senza tempo

Il racconto esclusivo del veliero storico alle regate di Porto Venere

di Cinzia Garofoli
27 Maggio 2025
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L’equipaggio di Barbara 1923

Nelle acque di Porto Venere, la recente regata “Le Vele d’Epoca dell’Alto Tirreno – Trofeo Valdettaro” ha celebrato un protagonista d’eccezione: il “Barbara 1923”. Il sailing yacht ultracentenario, gioiello di design classico, è stato al centro di un’avventura animata da un equipaggio quasi interamente femminile, guidato dall’unico uomo a bordo, il comandante Vincenzo Zaccagni. Per svelare l’anima di questa barca e conoscere la sua storia SUPER YACHT 24, accompagnato dal velista e divulgatore Damiano Landi, ha incontrato Vincenzo, l’armatore Roberto Olivieri, e Corrado Ricci, fondatore del Museo “Cantieri della Memoria”.

Zaccagni nutre una passione profonda e vive quasi in simbiosi con questa imbarcazione di 102 anni. Il suo legame con il mare e con le imbarcazioni d’epoca affonda le radici nel suo Dna: suo padre, nel lontano 1968, acquistò una “sorella minore” di Barbara, una barca di 101 anni a bordo della quale Vincenzo ha trascorso l’infanzia, compiendo persino due traversate atlantiche. Il suo percorso con questo Camper & Nicholsons ha inizio nel 2015: ingaggiato dall’armatore Roberto Olivieri durante il recupero dello storico veliero in Spagna, ha vissuto ogni fase del restauro fino al suo completo armo.

Il cuore pulsante di questa avventura velistica è senza dubbio l’equipaggio femminile di “Barbara”, capitanato da Kristel Compaert. “Siamo un gruppo di amiche, che comprende alcune nostre figlie, ormai anche loro amiche,” spiegano le ragazze, che rivelano una passione travolgente per il mare e la vela. Con l’entusiasmo del podio già conquistato nelle prime due gare, raccontano come questa esperienza, nata cinque anni fa e ripetuta ogni anno con sempre maggiore divertimento e coinvolgimento, sia diventata un appuntamento fisso: “nonostante gli impegni lavorativi, la proposta di regatare, questa volta addirittura per tre giorni a Porto Venere, è stata accolta da tutte con entusiasmo, dedizione e determinazione fuori dal comune.”

“A differenza dell’equipaggio maschile, noi siamo arrivate sul podio due gare su tre – scherzano divertite – e ci siamo ormai abituate. Noi non ci urliamo addosso, ci diamo delle indicazioni precise e le eseguiamo.” spiega Benedetta, la tattica del gruppo, raccontando come “l’aver intuito il cambio di vento, o meglio ‘il salto del vento'” abbia permesso il netto vantaggio della barca nella prima gara.

A bordo c’è anche Sofia, ventenne con un solido background in vela agonistica e la più giovane del team. “Sono tornata dopo la prima volta che partecipavo, lo scorso anno, perché qui il clima tra noi è molto positivo,” racconta testimoniando la capacità della passione velica di creare sinergie e favorire una crescita che va oltre le generazioni. E come si relazionano con gli equipaggi composti da soli uomini? “Con gli anni si sono abituati alla nostra presenza e ci rispettano di più; abbiamo conquistato rispetto e autorità.” Un’altra componente dell’equipaggio aggiunge, con una punta di umorismo, di divertirsi molto più a bordo di “Barbara” che in barca con il proprio compagno, perché “è questo equipaggio che fa la differenza.”

Il “Barbara 1923” è stato riportato in vita dal suo armatore, Roberto Olivieri: “Cercavo da anni una barca che avesse un’anima,” racconta. Il colpo di fulmine scattò nel 2014 a Malaga, osservando questo Camper & Nicholson dalle “linee uniche, la coperta pulita e gli interni sorprendentemente vivibili per una barca degli anni ’20”, che lo conquistarono immediatamente.

L’avvicinamento al mondo delle barche storiche ha rappresentato un significativo cambio di rotta per Olivieri, abituato a regate più moderne e competitive, nel quale ha trovato “un’atmosfera diversa, dove ognuno cerca di aiutare l’altro, dove c’è un vero spirito di amicizia anche tra gli armatori.” Una filosofia inclusiva che si riflette nel suo equipaggio: “Sono estremamente contento perché penso che la barca non debba essere qualcosa di esclusivo, ma qualcosa di partecipato dal maggior numero possibile di persone, e dai giovani; credo che questo mondo abbia fortunatamente ancora dei valori sani.” Per questo, in occasione del centenario di “Barbara” nel 2023, l’armatore ha organizzato sei mesi di navigazione nel Mediterraneo, partecipando alle principali regate e a più di 20 raduni, coinvolgendo nell’insieme circa un centinaio di persone a bordo.

La manutenzione di una barca come “Barbara” è un impegno considerevole. “L’impegno è importante, sia dal lato economico che temporale. Se qualcosa si rompe deve essere ricostruito su misura, ed è molto difficile trovare i pezzi” spiega Olivieri. Fortunatamente, continua l’armatore, esiste l’eccellenza artigianale italiana, come i Cantieri Francesco del Carlo a Viareggio, che sono stati capaci di ridare vita a questa imbarcazione. La barca, per le sue condizioni precarie, da Malaga, fu trasportata su un tir speciale via nave da Valencia fino a Livorno e poi portata a Viareggio. Qui, per tre interi anni, fu sottoposta a numerosi interventi, che inclusero anche il rinnovo del fasciame, del ponte e degli interni danneggiati da modifiche negli anni ’60. Lo stesso armatore – che inizialmente aveva condotto un meticoloso lavoro di ricerca, recuperando i disegni originali da un museo di Londra e foto d’epoca per riportare la barca alla sua autenticità, ripristinando anche il timone a barra originale – è riuscito a recuperare da antiquari fiorentini pezzi originali di piuma di mogano degli anni ’20 per ripristinare gli interni.

La storia di “Barbara” è ricca di proprietari illustri: dal primo assicuratore di Londra che la varò nel 1920, a un velista del Royal Thames Yacht Club, al barone francese de la Grange, fino al Comandante Jean de Vogue, membro della prestigiosa famiglia francese, proprietaria dello Chateau De Vaux le Vicomte e di importanti industrie, che la possedette per trent’anni. Dopo un successivo ventennio travagliato tra cambi di proprietà e di bandiera, e il passaggio attraverso un farmacista spagnolo che non riuscì a restaurarla adeguatamente, “Barbara” è finalmente giunta nelle mani di Olivieri. Il mistero sul perché del suo nome, mai cambiato, continua ad alimentarne il fascino, già arricchito dalle sue innumerevoli avventure, tra cui l’essere la barca appoggio all’impresa di Sergio Ferrere Principe di Muresanu al Guiness dei primati dell’attraversamento dell’Oceano Atlantico in 24 giorni in windsurf.

Per completare il quadro della tradizione marittima, abbiamo incontrato a Le Grazie, nel Golfo della Spezia, Corrado Ricci, giornalista ed ex maestro d’ascia, fondatore del Museo “Cantieri della Memoria”: un’iniziativa che nasce da un profondo senso di gratitudine verso la sua famiglia di maestri d’ascia e dalla volontà di studiare la memoria degli attrezzi e dei mestieri legati al mare.

Il museo è un luogo interattivo dove gli attrezzi “parlano” attraverso una voce narrante, raccontando il rapporto tra uomo e territorio, dalla scelta dei legni alla costruzione delle imbarcazioni. “Abbiamo raccontato, dal 2016, 82 storie tra barche e personaggi di mare,” spiega Ricci, menzionando anche una mostra dedicata proprio a “Barbara” per il suo centenario. Il museo si erge come un baluardo contro la perdita del sapere nautico tradizionale, arricchito da collezioni fotografiche e video che rendono tangibile il patrimonio di questi marinai e delle tante storie che si nascondono dietro ogni imbarcazione.

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