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Yacht

Domenico Oneto si racconta al timone di un Perini di 38 metri salpato per una crociera giro mondo

Il comandante attribuisce un ruolo fondamentale nella propria carriera alla moglie che lo supporta nel lavoro durante i molti mesi lontano da casa

di Cinzia Garofoli
29 Gennaio 2025
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Il comandante Domenico Oneto è recentemente salpato per una crociera intorno al mondo con il suo armatore su uno yacht Perini di 38 metri. Il giorno prima della partenza ha condiviso con SUPER YACHT 24 le sue impressioni riguardo a questa avventura.

Comandante Oneto, può parlarci di lei e di come si descriverebbe oggi, alla vigilia di un viaggio così importante?

“Sono prima di tutto un marinaio. Intendo dire che è da questo ruolo che ho iniziato la mia carriera, passando poi a direttore di macchina e infine a comandante. Ho anche avuto l’opportunità di lavorare come co-responsabile per l’idraulica e l’attrezzatura di coperta di Luna Rossa durante la Coppa America del 2007. Appartengo alla vecchia scuola, avendo iniziato dal basso, a differenza di molti giovani di oggi che possiedono patenti superiori a quelle dei loro comandanti. Un ruolo fondamentale nella mia carriera è stato e continua a essere quello di mia moglie, che mi supporta in questo lavoro che mi allontana da casa per mesi e mi fa tornare solo per qualche settimana. Per noi marittimi essere compresi in questo senso dalla famiglia è fondamentale. Ed è grazie anche alla mia famiglia che questo viaggio ha un senso.”

Cosa intende dire quando parla di significato?

“Questo viaggio dovevamo intraprenderlo già nel 2019. Abbiamo per questo acquistato la barca nel 2018 e l’abbiamo sottoposta a un refit per adattarla alle nostre esigenze dal lato tecnico ed estetico. Il programma prevedeva un giro del mondo, partendo dall’Italia verso i Caraibi, lungo la East Coast americana per arrivare in Groenlandia, per poi tornare attraverso il Golfo del Messico e il canale di Panama. Purtroppo, la nostra avventura si è arrestata in America a causa del Covid, che ci ha costretti a rimanere fermi per oltre un anno, rendendo il distacco dalle famiglie ancora più pesante.”

Come vi siete preparati per questo viaggio?

“Il viaggio sarà una bella sfida. Nell’inverno precedente abbiamo lavorato intensamente per modificare la barca, costruendo un hard top – che ritenevamo necessario per questo tipo di viaggio – su misura per le esigenze degli armatori. Abbiamo poi affrontato una stagione estiva impegnativa, con partenza a giugno da Saint Tropez, per arrivare – facendo solo due piccoli stop a Palma di Maiora e poi a Gibilterra – a Bergen, in Norvegia dove siamo rimasti a luglio e ad agosto, affrontando la navigazione interna dei più bei fiordi norvegesi e visitando le isole Lofoten, che sono un vero spettacolo della natura.”

Cosa può rivelarci del suo armatore?

“L’armatore con la sua famiglia naviga da sempre, prima con barche a motore e, negli ultimi 2-3 decenni, con barche a vela. Sono con lui dal 2011, la sua passione sono sempre stati i Caraibi, ma prima di incontrarci, a causa della mancanza di un equipaggio fidato, non aveva mai intrapreso il viaggio. Nel 2018 abbiamo realizzato questa esperienza per la prima volta con un’altra barca ed ora, per ripeterla ed aggiungere anche quella del giro del mondo, ha scelto la barca attuale.”

Quali sono le peculiarità di questo Perini di 38 metri che lo rendono adatto per questo viaggio?

“E’ una barca solida, forte, dà assoluta sicurezza sia dal lato della velatura che sotto ogni altro profilo, ed è in grado di offrire anche comfort per l’armatore e per l’equipaggio in qualunque situazione e parte del mondo, nelle più diverse situazioni climatiche. Non è stata commissionata custom e per questo il lavoro di refit è stato eseguito tenendo conto delle specifiche esigenze dell’armatore – lavoro che è stato possibile svolgere nel modo migliore poiché ormai ne conosco bene carattere ed esigenze – con un focus particolare sulla sicurezza.”

La vela è l’imbarcazione ideale per questo tipo di viaggio?

“Per i Caraibi e il Mediterraneo, ritengo più adatta la barca a vela. Per viaggi come quello in Norvegia dell’estate scorsa, consiglierei una barca a motore, poiché le grandi barche a vela possono incontrare difficoltà a causa dell’altezza dei loro alberi rispetto a quella dei ponti che si incontrano nella navigazione durante il passaggio tra i fiordi. Anche in alcune aeree caraibiche, dove nelle aree interne al reef le barche a vela con chiglia retratta con un pescaggio di quattro metri non possono navigare, un motor yacht avrebbe più possibilità.”

Come pianificate le lunghe navigazioni?

“Per le traversate più lunghe, come il viaggio dalle Canarie ai Caraibi, navighiamo per circa 12-14 giorni senza soste, avvalendoci di un numero maggiore di membri dell’equipaggio che si alterna nei turni di riposo. Questo perché la meta deve essere raggiunta nel minor tempo possibile per non incappare in problemi di natura metereologica.”

Qual è la percentuale di utilizzo della vela in queste navigazioni?

“E’ intorno al 75%. Soprattutto in una traversata oceanica, con questa barca che non ha capacità di contenere gasolio per navigazioni di tanti giorni, la vela diventa il ‘motore’ principale. Inoltre, la nostra barca, costruita diversi anni fa, richiede sempre il funzionamento di un generatore per fornire elettricità e potenza idraulica. Di conseguenza, il consumo di gasolio non può mai essere azzerato, ed è fondamentale conservarne una scorta. La scorta è importante anche perché potrebbero presentarsi condizioni meteo sfavorevoli per la navigazione a vela, come quando si è in bonaccia; in questo caso si può proseguire a motore in tranquillità. Si cerca quindi si navigare a vela il più possibile per sopperire a eventuali situazioni di questo tipo.”

Come vi siete organizzati quando il Covid, nel precedente tentativo di viaggio intorno al mondo, vi ha bloccato?

“Eravamo a Turks e Caicos, dove gli armatori dovevano raggiungerci. Con l’avvento del Covid naturalmente tutto il programma cambiò. Dopo una sosta alle Bahamas per attendere il tender che ci segue e che era stato bloccato, capimmo che viaggiare non era più possibile e che il fenomeno era ormai diventato importante. L’Italia, e successivamente il mondo, erano bloccati. Ci siamo quindi spostati in America e abbiamo risalito un fiume per arrivare, e poi fermarci, a Savannah, in Georgia, in un cantiere che ha anche l’accesso al mare. Lì abbiamo aspettato che il tutto si chiarisse e risolvesse in tempi che non immaginavamo davvero così lunghi. Siamo rimasti fermi otto mesi.”

Come commenta oggi questa esperienza?

“E’ stata un’esperienza bella per certi aspetti e drammatica per altri. Drammatica perché l’equipaggio, ridotto dal momento dello stop da cinque a tre persone, me compreso, era lontano dalle proprie famiglie e in apprensione, e inoltre era stato colpito dal virus in una forma piuttosto seria. Bella perché la chiusura determinata dal Covid ci ha comunque regalato inaspettatamente la possibilità di vedere tutta la natura nel suo massimo splendore. Non solo il mare non era contaminato dai traffici dell’uomo – come vediamo quando effettuiamo le traversate – ma anche il cielo in quel periodo era incontaminato dai traffici aerei. Tutto era davvero fermo, e grazie a questa staticità, sicuramente anomala, abbiamo ammirato la potente bellezza della natura.”

Vi trovavate in America in quel momento; a quali regole eravate sottoposti?

“Le regole erano poche e confuse.”

Qual è il programma per questo nuovo viaggio e cosa prevede?

“Stiamo pianificando per l’inverno e l’estate 2025. I programmi sono elaborati in base alle disponibilità dell’armatore e alle tempistiche meteo delle aree da visitare. Non abbiamo ancora fissato una data di ritorno, ma ci aspettiamo di navigare nel Pacifico nel 2026. In quell’area non abbiamo ancora stabilito programmi né per le tempistiche né per la sequenza dei percorsi. Per quest’anno, abbiamo pianificato la parte ludica del viaggio, insieme alle manutenzioni ordinarie e straordinarie per garantire l’affidabilità della barca e al riposo dell’equipaggio, affinché possa recuperare.”

Quando potrà vedere la sua famiglia?

“Dovremmo vederci ad aprile, per qualche settimana, ma dovremo prima capire dove saremo in navigazione in quel periodo. E anche se l’equipaggio confermerà la sua presenza o se dovremo reintegrare qualche membro: ognuno ha le proprie esigenze e per periodi così lunghi non sempre si riesce a tenerlo unito.”

Quando si affrontano viaggi così importanti aumentano i rischi di incomprensione con l’armatore. Si sente tranquillo alla vigilia del viaggio?

“Sì, perché tra noi c’è una buona affinità. A volte capita che gli armatori chiedano cose quasi impossibili, realizzabili solo con la condivisione con il comandante e con l’equipaggio. Se c’è condivisione e supporto, quasi tutto è possibile.”

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